C’è un testo straordinario utile alle mamme che aspettano un bambino, scritto da Stern e da sua moglie con l’aiuto di una giornalista.
“Nascita di una madre“.
Sebbene questo focus esclusivo sulla madre sia ai miei occhi un po’ superato, in particolar modo se penso ai padri che accompagno nella mia pratica clinica, lo sguardo dei due autori si allarga dalla mamma piano piano al papà e alla coppia.
Ma cosa significa aspettare un bambino?
E ancora quando comincia questa attesa?
Essa in qualche modo comincia quando iniziamo a pensarci genitori, penso a uno dei giochi più antichi e comuni: quello di mamma-padre e figlio. Così i bambini si sperimentano come genitori offrendo cure e una storia da intessere con quel bambolotto e con chi si presta a queste ludiche sperimentazioni.
Questa idea di genitorialità ha un naturale tempo di latenza in adolescenza ed è poi quando il ragazzo o la ragazza sono chiamati a pensare il proprio futuro, questo figlio può prendere un posto nei progetti e nei sogni.
Tuttavia questa attesa si intensifica quando la gravidanza viene ricercata.
Si fantastica un bambino cui attribuiamo caratteristiche morali, personoligiche, fisiche.
Secondo Stern è tuttavia nei mesi che anticipano e seguono il parto che l’assetto materno viene a stabilizzarsi.
Con assetto materno intendiamo l’insieme di quei cambiamenti che si generano nella psicologia di una donna quando essa consapevolezza di essere madre.
“Non si tratta semplicemente di una organizzazione della vita mentale – spiega Stern- ma della nascita di una organizzazione del tutto nuova che coesisterà accanto alla precedente e con ogni probabilità la influenzerà“.
In questo è fondamentale quel passaggio dell’essere figli all’essere genitore. Questa transizione di identità genera un grande scompiglio emotivo che si esprime in sentimenti di potenza e impotenza. Un passaggio di identità definitivo, in cui risiede la nostra consapevolezza circa le relazioni di attaccamento precoci che ci hanno riguardato.
Quando si aspetta un figlio è possibile che la produzione onirica sia più ricca e che i contenuti dei sogni possano riguardare paure e angosce profonde legate a questa fase di vita.
È bene sottolineare come esista un intreccio fittissimo tra il bambino immaginario e il nostro pensarci genitori. Le statistiche e le evidenze cliniche, inoltre, ci suggeriscono come all’ottavo mese l’immagine del bambino immaginato sia quasi completa e ricca. Tra l’ottavo e il nono mese questa immagine viene piano piano disfatta, quasi che il bambino immaginario ora debba lasciare il posto a quello reale.
È pur vero che ad ogni nascita il bambino reale è un po’ come se incontrasse quello immaginario. Compito del genitore è tuttavia quello di sintonizzarsi in modo libero o il più libero possibile sul bambino reale, lasciando che, nella relazione che nasce o meglio assume sembianze specifiche, questa nuova terna formata da bambino, madre e padre possa crescere ed esprimere la propria unicità: un lavoro che dura, più o meno, tutta la vita.
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