Il caldo dà alla testa, ce lo diciamo, soprattutto in questi prolungati giorni di caligine.
Come spesso accade, dietro al comune sentire si stipano verità scientifiche profonde.
La stagionalità e la diversa esposizione alla luce, infatti, possono essere un fattore di rischio importante rispetto a peggioramenti e acutizzazioni nelle patologie psichiatriche, con conseguenti accessi in pronto soccorso e ospedalizzazioni nei soggetti psichiatrici (Aguglia A, et al. 2016).
Anche l’andamento ritmico delle stagioni si associa a caratteristiche cliniche specifiche ed ha un ruolo importante nella psicopatologia di disturbi psichiatrici, in particolare del disturbo bipolare nelle sue forme cliniche conclamate e più o meno sfumate, ma comunque correlate. Infatti è noto come la variazione del periodo di esposizione alla luce ha influenza in presenza di una diagnosi bipolare.
In tale direzione la presentazione clinica di una data patologia psichiatrica va considerata anche rispetto alla fase stagionale, per prevenirne la riacutizzazione e mirare a programmi di psicoeducazione specifici.
Non si tratta solo di un fattore ambientale, ma di una importante caratteristica che deve essere presa in considerazione nella presentazione clinica di una fase maniacale in modo particolare (Aguglia A, et al. 2016; 2017.)
E questo vale per ogni “disagio” che una persona con problema psichiatrico diagnosticato o meno può portarci.
La questione è proprio quella di ammettere l’esistenza di un problema PSI anche quando non sarebbe ammissibile, per via dei nostri parametri culturali e formali, in particolare in una stagione in cui il trend a volte unico ed esclusivo è distrarsi.
L’estate, infatti, per tutti, quindi non solo per quanti hanno una diagnosi psichiatrica, rappresenta il periodo in cui le nostre abitudini subiscono molti cambiamenti e questi talvolta, in un modo strisciante e sottile, possono risultare egodistonici rispetto al benessere individuale.
Il mare o la montagna, le serate con gli amici a cena fuori, l’interruzione di attività fisica, il cambio di alimentazione o degli orari dei pasti, magari mentre continuiamo a sostenere il nostro quotidiano menage lavorativo o di impegni di studio e domestici possono rappresentare anche fattori di stress.
Si può pertanto verificare che il nostro corpo ci richieda di ripristinare un’omeostasi in cui vengano ristabilite quelle piccole e corrette abitudini che rendono la nostra vita armonica e non per questo meno intensa.
Penso all’orario della sveglia, al riposino pomeridiano, ad un pasto corretto nonostante stiamo sotto l’ombrellone, ad una corretta idratazione, alla composta esposizione ai raggi del sole.
Il sole è un nostro grande amico, basti pensare a tal proposito alla terapia della luce, si sa però che un’eccessiva esposizione ad esso può generare non solo ustioni e macchie alla pelle, ma anche squilibri fisiologici.
La fisiologia del nostro corpo e della nostra mente, infatti, è influenzata dalla durata di secrezione della melatonina, che, essendo in relazione con la durata-lunghezza della notte, risulta essere più corta in estate.
Una luce di sufficiente intensità sopprime la produzione di melatonina e concorre a settare in modo diverso la circadianità dei ritmi sonno-veglia.
E’ ormai noto alla psichiatria come lo squilibrio dei ritmi circadiani si associ ad aumentato rischio di patologie psichiatriche maggiori (Arendt J, et al., 2017).
Anche “l’abuso” di compagnia e socialità potrebbe richiamarci a quel sano silenzio e spazio di solitudine, o meglio a quel momento dell’Io-con-Me, in cui riusciamo a dare ascolto e, quindi, voce, ai nostri bisogni, in cui ci collochiamo tre le meridiane e parallele delle nostre emozioni, in cui focalizziamo i nostri pensieri con quella libertà e aderenza alla realtà che sanno di salute e di armonia.
Ripenso pertanto a quell’antico richiamo Conosci te stesso, di cui la stagionalità delle dinamiche naturali, interpersonali e intrapsichiche ne è forma.
Buon prosieguo di estate
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