Quando nasce un bambino, nasce una mamma.
Quando nasce un bambino, nasce un papà.
E senza un papà non ci sarebbe una mamma e così, reciprocamente.
Mi sono a lungo chiesta come l’uomo possa vivere l’attesa di un figlio. Ho accompagnato diversi papà nel mio lavoro di terapeuta: alcuni attraverso le vicende di gestazioni più o meno complicate, altri nelle vicende di aborti spontanei o decisi dalla donna, altri lungo difficili separazioni.
Culturalmente e biologicamente la funzione di accudimento e cura della prole si inscrive nel ruolo della madre maggiormente, ma quello che le mie osservazioni cliniche mi suggerisce è altro. C’è un movimento nuovo, che mi piace coltivare tra le pareti del mio studio e tra quelle domestiche.
Esistono uomini che desiderano condividere con la propria compagna la gioia e la fatica di crescere un figlio. Esistono uomini che sono stanchi ma felici, perché si alzano due o tre volte per notte per allattare il proprio figlio. Esistono padri che offrono alla madre la possibilità di tornare prima a lavoro, perché ci staranno loro con i piccoli.
La funzione paterna, secondo la psicoanalisi, alle prime battute, è quella di aprire la relazione simbiotica della madre col proprio bambino, ad una relazionalità in cui si è in tre.
C’è altro, c’è ancora altro che possiamo imparare da questa nuova generazione di padri che sta nascendo: che forse questa simbiosi ha da contemplare fin dalle prime battute la presenza del padre per diversi ordini di ragioni.
- Biologicamente senza di lui, ancora oggi, non ci sarebbe la gravidanza.
- Psicologicamente, perché attraverso di lui possa esserci un senso di appartenenza aperto, non esclusivista.
- Socialmente, perché uomini educati alla cura non generano uomini educati alla violenza.
Possiamo imparare che la cura è una risorsa non solo ad appannaggio delle donne.
Possiamo imparare che una donna non smette di essere tale, solo perché ha generato un figlio e la società, le famiglie di origine, la comunità si aspettano che sia lei, quasi esclusivamente lei, a prendersi cura del piccolo.
Ci sono famiglie che tengono presente da subito che le cure e le responsabilità possono essere condivise, che quell’uomo e quella donna il dono più grande che possono farsi è di supportarsi e incoraggiarsi nel trovare vie nuove di accompagnamento dei figli e della coppia stessa.
Se si attivasse sempre di più un circolo virtuoso di questo genere, i nostri studi si riempirebbero di genitori che vengono per capire il come della genitorialità e si svuoterebbero di madri in depressione post partum.
Ci sono donne che non aspettano il proprio compagno per montare il seggiolino della macchina.
Ci sono uomini che non aspettano la propria compagna per nutrire il proprio figlio, sviando tuttavia il rischio di sentirsi un “mammo”, perché non si tratta di questo.
A questi padri, a queste madri, il mio augurio di oggi.
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