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Cosa insegnare ai bambini per essere felici

Affettività

Cosa insegnare ai bambini per essere felici

Nella liturgia dell’esistenza, celebrare se stessi e gli altri è un atto di benessere rivoluzionario

Non esistono manuali o risposte assolutamente veri da dare ai mille interrogativi di un genitore.

Ma esistono dati, studi che diventano espressione di un più profondo comune sentire che possono essere intesi come basi sulle quali gettare l’esperienza unica della genitorialità.

Per amore di sintesi raggruppo nell’elenco di seguito gli ingredienti per una crescita sana, lieta, aperta agli altri:

  1.  i comportamenti pro-sociali rendono felici;
  2. l’apprendimento avviene attraverso l’imitazione e non (solo) attraverso l’ascolto;
  3. la gioia è un mood rivoluzionario;
  4. la gratitudine allarga i polmoni dell’esistenza;
  5. sapere che non siamo soli ci rende bambini e adulti più sicuri.

Dove insegnare tutto ciò? Esiste un posto definito come “Università dei bambini“, dal grande psicoterapeuta e ricercatore Pio Scilligo, questo posto è il gioco.

Il comportamento pro-sociale non è da intendersi meramente come altruismo, parola dalla quale mi terrei a debita distanza, per ora. Il comportamento pro-sociale è di più, è la capacità di connettersi con l’altro, mentallizzando e cogliendo i vissuti altrui, attraverso quel magico e immenso dono dell’esperienza, della pelle affettiva, del contatto emotivo. È preoccuparsi per l’altro e anche occuparsi dell’altro. Ciò risponde ad uno antico bisogno di contatto cui siamo geneticamente predisposti (cfr. La sintonizzaizone degli affetti).

I comportamenti pro-sociali da insegnare con l’esempio prima ancora che con le parole, allora, sono: la condivisione, l’aiutare, il cooperare, inoltre, il dire ‘grazie’, il sorridere, l’usare gentilezza e cortesia, il pensarsi e pensare l’altro come esseri spirituali nel senso più umano del termine.

Condividere apre all’altro e, parlando per lo più dei nostri bambini, mi viene in mente che la condivisione educa a quella sana frustrazione, attraverso cui esperisco di non essere l’unico al mondo, permettendomi di generare in me lo spazio per l’altro. Quello spazio nel quale riuscire ad ospitare e dialogare, in modo da apprendere autenticamente chi sono, costruendo, con piccoli e molteplici pezzetti, quel puzzle dell’esistenza di cui la relazionalità è mezzo e fine.

Aiutare è espressione di un fare fiducioso e proattivo in cui faccio esperienza diretta di come cogliere i bisogni altrui non soddisfatti, imparando, così, che nelle difficoltà anche io potrò essere visto, sentito, accolto, sollevato.

Qui apro un breve inciso circa il fatto che tutti noi adulti abbiamo esperienze anche deludenti su aiuti dati e non ricevuti, su fiducia data e tradita, su attese diventate delusioni. Io credo personalmente che, nonostante ciò, non abbiamo diritto di rubare ai nostri piccoli nessun tipo di esperienza, a causa della nostra. Ciò che invece possiamo fare è insegnare in modo protettivo le condizioni in cui dare fiducia all’altro e che l’altro potrà anche non corrispondere, ma che resterà comunque ciò che di bello, buono, sano e vero abbiamo messo in gioco di noi.

Cooperare è ancora più complesso, perché è un’azione a quattro mani, in cui l’Io e Tu hanno da comunicare tenendo presente se stessi e l’altro, in cui la dialettica tra dentro e fuori, tra me e l’altro, tra ciò che desidero e le esigenze della realtà a me esterna, tra ciò che voglio e ciò che vuoi  trova massima espressione. È la difficile e preziosa arte del compromesso, inteso in senso libero e genuino, in cui se anche perdo un pezzo di me, posso guadagnare molto di più: l’altro.

Rendere grazie è in questo spazio considerato non solo come un semplice esercizio di cortesia, che pure ci vuole, ma come un vero e proprio modo di fare memoria di quanto di bello, buono, vero mi circonda, mi appartiene, mi viene donato e c’è in me.

Pensare noi stessi, i nostri bambini, gli altri come esseri spirituali, infine, significa conferire a loro e a noi stessi il potere che si genera dal riconoscere che il nostro valore, molto più che materiale e immanente, è sacro e che questo sacro che è in noi ha da essere custodito e celebrato, proprio come si fa nelle liturgie, in cui gesti, parole, sentimenti, speranze, emozioni, valori trovano forma, linguaggio, solennità e sono condivisi.

Ciao, mi chiamo Francesca di Sipio e sono l'ideatrice di questo portale web. Sono una psicologa clinica, psicoterapeuta, analista-transazionale ad approccio integrato, psicologa dello sport. Il mio studio è sul territorio di Chieti-Pescara. Mi trovi sui social, sulla mail ma soprattutto al 3477504713

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