È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore,
ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch’è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame
d’amore, dell’amore di corpi senza anima.
Perché l’anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l’infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l’unico modo per sentire la vita,
l’unica tinta, l’unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo: ed è la confusione
di una vita rinata fuori dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…
Supplica a mia madre, Pierpaolo Pasolini
Esiste un legame particolare, che in psicologia chiamiamo Attaccamento, che spiega in senso decisamente meno gustoso e poetico, ma certamente in modo più scientifico quanto rappresentato dalla lirica qui sopra.
Non mi addentro nella psicoanalisi del brano per diverse ragioni, la più importante è che la psicoanalisi dell’arte e della letteratura è una disciplina che ho approfondito ancora poco, per quanto io senta di esserne molto attratta.
Tuttavia mi appoggio a questa poesia quando desidero spiegare il senso di elevatissimo o tragico della relazione con le prime figure di accudimento, l’attaccamento appunto.
Questo concetto nasce dalla brillante mente di John Bowlby, il quale, quarto di sei fratelli, dopo 10 anni di collegio durante la grande Guerra, si laurea nel 1925 a Cambridge in Scienze Mediche precliniche e psicologiche.
Avviato alla psicoloanalisi sotto la supervisione di Melanie Klein, arriva ad occuparsi di bambini e genitori presso la prestigiosa Tavistock Clinic.
Questo grande psicoanalista si occupa di bambini disadattati, allontanati dalla famiglia o orfani.
La sua grande intuizione ha permesso alla psicologia di uscire dal modello meccanicista secondo cui sviluppiamo legami, perché spinti da pulsioni e ricompense primarie come il cibo.
Madre (o caregiver) e figlio vengono visti in una relazione più complessa del mero soddisfacimento di bisogni, diversa dal concetto di dipendenza.
Parallelamente gli studi etologici e quelli delle neuroscienze corroborano l’idea dell’attaccamento come un sistema primario motivazionale generato da una predisposizione biologica del bambino e della madre nel creare una relazione intensa e significativa di cura, attraverso al ricerca di vicinanza e contatto fisico e l’ansia nel caso di separazione.
Esistono 4 tipi di reazione alla separazione che definiscono 4 stili di attaccamento, come vedremo prossimamente.
La natura della sicurezza o insicurezza nelle prime relazioni importanti determina lo stile relazionale per tutta la vita con le persone significative (partner, figli, ma anche insegnanti, datori di lavoro, amici).
Infatti dalla reiterazione di routine comportamentali nella prima infanzia tra madre e figlio si generano Modelli Operativi Interni, ovvero schemi che regolano in modo selettivo l’elaborazione delle informazioni, dei desideri, delle aspettative, delle emozioni, dei pensieri e quindi la manifestazione di comportamenti durante tutta la vita.
E tu? Qual è il tuo primo ricordo con la tua figura di attaccamento principale? Cosa sai dei tuoi primi anni di vita?
L’argomento è così intenso e fitto che ci torneremo nelle prossime settimane.
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