“Nessuna analisi può veramente riuscire
se nel corso di essa non siamo capaci
di amare veramente il paziente .
Ogni paziente ha diritto
di essere amato e curato come un bambino”
Ferenczi, 1922
Esiste uno spazio speciale che alcuni terapeuti riservano a dei pazienti speciali: i bambini.
Esiste uno spazio speciale che alcuni bambini riservano al proprio terapeuta: la relazione con loro.
In quello spazio avviene come una magia.
Un terapeuta che lavora con i piccoli pazienti si trova davanti una persona che ha una struttura, un linguaggio, dei tempi, una memoria, una capacità di elaborare diverse.
Diverse innanzitutto dal mondo adulto, con cui più spesso il terapeuta lavora e che lo stesso rappresenta e abita.
Diverse da bambino a bambino.
Una relazione terapeutica con un piccolo ha come presupposto quello di aver lavorato e riscoperto il proprio Bambino Libero interiore.
Quello della teoria della psicoanalisi transazionale.
Quel Bambino si muove, agisce, sente e pensa in modo creativo e sintonizzato con l’altro.
Ingaggiare la fiducia di un bambino è facilissimo e difficilissimo allo stesso tempo.
Perché ti chiede di scendere paritariamente con lo sguardo e col corpo e, contemporaneamente, di innalzarti a livelli comunicativi nuovi.
L’esplicito e l’implicito si scambiano spesso il ruolo.
Così una favola raccontata o costruita diventa più vera della realtà dei fatti che accadono.
Così un gioco giocato si fa roba seria, serissima da prendere in considerazione.
Io mi ricordo di me bambina. Di quello che pensavo e provavo.
Ecco quella parte resta viva in me e io la curo e nutro da un po’.
Con essa decido di lavorare.
Ma allora “Perché lavorare con i bambini e non con i genitori?”, mi chiedono alcuni.
Perché si lavora anche con i genitori in incontri di restituzione o di anamnesi.
Ma sopratutto perché oggi sappiamo che anche il bambino co-crea il proprio copione di vita.
Cioè egli risponde in modo personale ai messaggi genitoriali, le contro-ingiunzioni.
Quel modo personale può essere accolto, ascoltato, guidato, curato.
E una buona terapia lo fa.
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