Lealtà è una parola davvero bella. Implicata una nostra capacità di mantenerci fedeli, ma anche di giocare pulito, di non imbrogliare.
Di lealtà in famiglia da un punto di vista psicoterapeutico si parla da tanti anni, è del 1988 il testo Lealtà Invisibili di Ivan Boszormenyi-Nagy.
Questo concetto è inerente la forza che tiene coeso un sistema, in cui convergono aspettative, valori e miti della famiglia stessa.
È una sorta di intreccio in cui la storia individuale e quella familiare si fondono e confondono.
Ma questo è un bene o un male?
Questo è un dato di fatto, può essere un bene o un male in base alla qualità dei legami che ci sono nell’intero sistema.
Nelle righe che seguono cercherò di rispondere ad una domanda che mi è arrivata da una lettrice del blog.
Come si possono creare in famiglia relazioni autentiche?
Davvero una domanda interessante.
Ma cosa c’entra il concetto di lealtà dell’introduzione con le relazioni autentiche?
Beh essere leali è un’arte che s’impara perlopiù in famiglia, così come l’autenticità. Va da sè che uso il termine lealtà nella sua accezione positiva, quella in cui ciascun membro del sistema famiglia può sperimentare di appartenere pur conservando la propria individualità.
Così come suggerito dalle osservazioni di Jung individuazione e appartenenza sono i movimenti del respiro esistenziale di ciascuno di noi.
Fondamentale nello sviluppo di un Sè sufficientemente sicuro e stabile è sapere che io ‘appartengo‘ alla mia famiglia: che io sono di mio padre, di mia madre, di mio fratello, di mia nonna, di mio zio, di mia figlia e così via.
Appartenere significa sapere che c’è una parte profonda e vera di me nell’altro, in cui le mie radici affondano. Appartenere nel segno di un cognome, ovvero di un titolo che stabilisce una storia che trascende la mia storia personale, il cui moto va da un passato che non ho abitato ad un futuro che non abiterò, per transitare nel presente della mia storia.
Appartenere significa avere una sorta di meridiano e parallelo esistenziale, cui fare riferimento se mi smarrisco.
Individuarsi, invece, è il movimento contrario, in cui sperimento la mia unicità, in cui le mie peculiarità personali possono essere espresse pienamente, in cui la mia divergenza è cifra della mia irripetibilità.
Non sono la versione “taroccata” di mia madre, di mio padre o delle loro aspettative su di me. Io sono me stesso, con le mie qualità a partire dalle quali si scriverà un nuovo capitolo nel libro meraviglioso della mia famiglia, dell’intera umanità.
Pertanto, per rispondere a Pina, la nostra lettrice, una famiglia dalle relazioni autentiche è quella in cui ciascun membro può pienamente esprimere se stesso, senza filtri, in cui pregi e difetti possono essere parimenti accolti, in cui ciascuno può portare quella scintilla di novità espressa nella sua stessa esistenza, senza che la famiglia stessa perda la propria unicità fatta di valori, di storia, di attitudini e di desiderio che qualcosa di quel “noi” possa essere trasmesso alle generazioni future.
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