Scrivere questo articolo, oggi, 9 marzo 2019, significa posare le dita pesanti su questa testiera, perché il racconto di oggi mi pesa.
Vi parlo di Daniele Nardi, ospite in un’intervista fatta lo scorso luglio e pubblicata qualche mese fa qui, su questo blog.
Ad ogni pressione sulla tastiera, un’eco al cuore, oggi.
Perché Daniele, uno degli alpinisti più forti del mondo, non è tornato. È rimasto lì, sul Nanga Parbat, parete desiderata, agognata, studiata, sudata, con il suo compagno Tom.
Una storia in cui il confine tra la vita e la morte, tra il limite e la risorsa si fonde in un modo del tutto unico.
Continuiamo a sbatterci la testa, ma non lo capiamo, che gli opposti esistono solo nelle nostre teste.
Essi sono in un dialogo continuo, come quello tra il minuto Daniele e la sua gigante Montagna.
Il motivo per cui prendo la parola non risiede nei 40 divertenti minuti che io e Daniele abbiamo trascorso insieme per la nostra intervista, nè tantomeno nel fatto che sono una psicologa dello sport e forse posso dire qualcosa di interessante in merito.
Il motivo per cui getto queste parole nel mare enorme della comunicazione risiede nei commenti violenti, giudicanti, taglienti, atroci che leggo su questa storia. Voglio dire anch’io la mia.
Un sogno non si giudica.
Un uomo col suo sogno non si giudica.
Un uomo che ha un sogno grande si contempla, si osserva, se ne ammira la forza, la determinazione.
Un sogno non si giudica.
Un sogno si custodisce. Un sogno si prepara.
La genialità di Daniele si mostra in questo: la sua storia ci scuote le viscere. E questo è meraviglioso, perché chi ha il fuoco dentro genera un movimento al suo passaggio.
Poi però ciascuno si sente anche in dovere di dire “Io condivido” oppure “Io non condivido”.
Ma chi ve l’ha chiesto di condividere o meno? E cosa possono aggiungere di utile e buono i nostri giudizi sulla storia di una vita così intensa?
Nulla.
Caro Daniele,
la verità è che qualsiasi parola non basta, la verità è che saperti su quella montagna spaventa e incanta.
Quanto hai studiato? Quanto ti sei preparato? Ecco, io penso che quando la morte ti ha guardato negli occhi tu l’hai riconosciuta. Tu non l’hai ignorata, tu l’hai guardata, perché tu l’avevi già guardata, ma il tuo sogno era più grande di lei.
Incanto.
Un sogno così grande nello spirito di un uomo genera la saggezza di chi aspetta mesi o anni per aprirsi una strada verso il proprio obiettivo. Con la pazienza di chi studia le carte, legge i venti, guarda le stelle e stabilisce quando partire e come partire, in questo viaggio chiamato sogno ti sei messo nudo con la forza e la debolezza di un semplice uomo, un alpinista, di Latina. Un uomo, tutto se stesso e il suo sogno da raggiungere.
Nulla lasciato al caso. “Mi chiedi se è importante la preparazione mentale? Ti dico di più, è importante la preparazione spirituale”, così mi rispondesti.
Per te la differenza tra un campione e un atleta era questa: conoscere il proprio limite, forse odiarlo, farci a botte, rifiutarlo, guardarlo, pensarlo, parlarci, accoglierlo e solo alla fine tentare di superarlo.
Così si chiudeva, infatti, la nostra chiacchierata.
Davanti a questo mistero doloroso, struggente mi scalzo, sosto in silenzio. Daniele, sono giorni che ti penso e che mi rendi più intrigato ma anche più chiaro l’animo umano. Io non mi so spiegare.
Se c’è un uomo che si emoziona, se c’è un uomo bambino che sogna, se c’è un uomo esploratore che apre nuove vie nel mondo, se c’è un uomo che fiero dice “sono un ambasciatore dei diritti umani”, se c’è un uomo che costruisce ad ogni passo, ad ogni respiro, ad ogni pensiero il proprio destino, beh quello sei tu, nell’incanto di quella tua montagna, la più elegante, la più maestosa e oggi ancora più tua.
Grazie, Daniele e perdonaci se da qualche parte di noi stessi abbiamo sentito il bisogno di dirti come avresti dovuto vivere la tua vita. Perdonaci e insegnaci a sognare.
Ama il tuo sogno se pur ti tormenta
Amalo come se fosse l’unico
amalo come se avesse l’anima
amalo e raccontagli di te
amalo e ricordalo in te
amane il suo passato
amane il suo presente
ora
raggruppa tutto quest’amore
e raccontalo a me, anima mia
affinché io non debba tormentare
il nostro sogno: poter procedere
insieme
nell’armonia dei nostri sensi uniti
appagati dal nostro incontro
breve stavolta
il fiore reciso
oggi ci ha lasciato il suo profumo
che nei ricordi accende i sensi
e che nel donarci
l’incontro univoco
ci ha lasciato un segno
di reciproca appartenenza,
e nell’accarezzarne il tempo.
mia amata,
ne ascolterò i sospiri,
per sempre ricorderò quel suono
per sempre amerò quel nostro sogno
per sempre ne sottrarrò il suo tormento.
“Ama il tuo sogno se pur ti tormenta!”.
G. D’Annunzio
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