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Come conduco un primo colloquio

Verso la professione

Come conduco un primo colloquio

Questo è il primo di una serie di articoli in cui condivido ciò che so e ciò che ho imparato circa la conduzione di un primo colloquio psicologico

Il momento del primo incontro, del primo colloquio è fondamentale.

In esso solitamente sono racchiuse tutte le informazioni e le richieste più tardi si paleseranno con l’avvio della relazione d’aiuto

Trovo che per condurre un primo colloquio ci sia bisogno di grande attenzione e capacità e ottima predisposizione umana rispetto a quelle necessarie per i successivi 5 o 10.

Trovarmi per un’ora ad ascoltare in profondità un cliente, una nuova persona, la sua nuova storia, mi accende di una curiosità e di una gioia sempre nuove e scalpitanti.

Quando approccio nuovo paziente (ma se preferisci possiamo chiamarlo utente o cliente), cerco comunque di tenere conto di alcune informazioni.

Intanto la telefonata… beh sì, perché per avere un appuntamento generalmente bisogna che prima si sia stata una telefonata.

Soltanto una volta mi è capitato di conoscere una paziente in modo diverso… Anzi due.

La prima mentre il negozio davo il bigliettino ad un mio amico, a cui stavo semplicemente mostrando la grafica, perché lui di quello si occupa. Una commessa mi guarda e dice: “Potrei averne uno anche io?”. Glielo diedi, francamente non pensavo mai che mi chiamasse, in effetti anche lì poi ci fu una prima chiamata, e insieme facemmo anche un bel pezzo di strada.

La seconda riguarda invece una donna che suonò alla porta del mio studio in una palazzina dove tempo fa ricevevo. Mi chiese se potevo darle il numero era un’inquilina di quello. Anche lì si fa una chiamata e un tratto di strada condiviso.

Sta di fatto che generalmente prima di incontrare qualcuno, lo sento telefonicamente. Le telefonate sono ciascuna diversa dall’altra: c’è chi si presenta col nome, chi col problema che porta, chi dicendo come avuto il numero…

Cerco di tenere inoltre debitamente presente che, in qualsiasi modo la persona abbia avuto il mio numero, quella telefonata per lei rappresenta davvero un passo importante da compiere.

Grazie a questo pensiero riesco ad essere, o perlomeno ci provo, calda, accogliente, disponibile nei limiti in cui l’agenda me lo permette.

Raramente offro un appuntamento ravvicinato rispetto alla chiamata. Un po’ perché ho necessità di verificare la mia disponibilità, un po’ per lasciare che in me e nella persona che mi cerca si crei uno spazio da abitare insieme. Senza fretta, pressioni, anzi…

un luogo e un tempo in cui sederci e stare.

Quello che poi accade in un primo colloquio è un po’ speciale sempre, unico.

C’è chi ti vuole guardare da vicino, così ti fa domande, c’è chi è spaventato ma è in contatto con un bisogno importante e ti guarda e non sa cosa dire.

Altri si siedono e, quasi fossero arrivati ad un approdo, si sfogano così, tutto d’un fiato, senza neanche essere sicuri davvero se quel posto se quella persona, cioè me, è sicuro o no. Giù a tirare parole, esperienze, immagini, sensazioni, fatti più che emozioni dal cilindro della loro vita.

E tu, giovane, perché è bene restare sempre giovani ad un primo colloquio, stai lì.

Assisti. Non spettatore o fruitore passivo.

Ma ad-sisti, con gli occhi l’una di fronte all’altro. Occhi negli occhi che intessono una relazione. Un nuovo viso che si fa mio prossimo e del quale probabilmente  imparerò ad accogliere emozioni e verbalizzando le pieghe di quella storia incarnata.

Tendo sempre a tenermi a mente in queste situazioni e, volendo trovare una formula di come mi penso in quello spazio, ecco io di me cerco di sapere questo:

1- chi sono;

2- quali sono le mie qualità;

3- perché questa persona sta parlando con me.

Sono questioni importanti da tenere a mente teneramente come direbbe D’Annunzio!

Mentre il paziente dipana la propria storia, comincio a raccogliere dati anamnestici importanti, per esempio la città dove vive, le persone, quindi, come è l’attuale famiglia e quella di origine.

Tendo a farmi dare un’idea anche circa la qualità delle relazioni con la famiglia attuale e con la famiglia di origine.

Infine attraverso un’accurata esplorazione, amplio l’orizzonte al sistema delle sue risorse: la rete amicale, i gruppi che frequenta (sport, politica, teatro, associazionismo, parrocchia, eccetera) esploro pertanto i suoi interessi (videogiochi, lettura, calcio…) il suo rapporto col tempo libero: se viaggia, si rilassa, dipinge o altro.

A questo punto ritengo che possa essere utile approfondire con te un argomento: i tipi di colloquio.

Generalmente i colloqui clinici si dividono in tre tipologie:

A- strutturato;

B- semistrutturato;

C- libero.

Ciascuna di queste ha caratteristiche che la rendono più o meno adatto all’utilizzo, a seconda dello scopo del colloquio e della abilità di chi lo tiene.

Nel prossimo articolo ti spiegherò come…

Ciao, mi chiamo Francesca di Sipio e sono l'ideatrice di questo portale web. Sono una psicologa clinica, psicoterapeuta, analista-transazionale ad approccio integrato, psicologa dello sport. Il mio studio è sul territorio di Chieti-Pescara. Mi trovi sui social, sulla mail ma soprattutto al 3477504713

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