Come dicevamo nell’articolo precedente circa l’impostazione di un primo colloquio psicologico (che puoi ritrovare facendo clic qui) è utile approfondire con te un argomento: i tipi di colloquio.
Generalmente i colloqui clinici dividono in tre tipologie:
A- strutturato;
B- semistrutturato;
C- libero.
Ciascuna di queste tipologie ha caratteristiche che ne rendono più o meno adatto all’utilizzo, a seconda dello scopo del colloquio e della abilità di chi lo tiene.
A. Il colloquio strutturato consiste, come puoi immaginare, in una batteria di domande che sono chiuse (vero-falso o sì-no o che danno qualche item in più di risposta). Chiaramente il vantaggio qui che puoi avere facilità a mantenere la direzione del colloquio alla fine dello stesso, avere tutte le informazioni che tu o la struttura in cui operi vi eravate prefissi di avere.
Ad esempio, all’inizio della pratica clinica in una struttura che, per fare l’analisi della domanda dei bisogni portati da chi hai davanti, questo tipo di colloquio ti garantirà la quota di dati necessaria
Stare così nel selciato, d’altronde, significa lasciare andare molte altre notizie che arricchirebbero il racconto.
Dal mio punto di vista, nel voler stabilire l’alleanza con chi a noi si racconta, trovo che per questa tipologia di colloquio siano necessarie profonde capacità empatiche, per sviare il pericolo di passare sul versante dell’interrogatorio. Allora, sorriso, accoglienza sono pertanto fondamentali in questo caso.
E, ad esempio, se la struttura nella quale opero me lo concedesse, inizierei dicendo che il colloquio prevede un certo numero di domande e illustrerei come mai è pensato così e non in un altro modo. In base alla risposta verbale e non verbale di chi è davanti, potrei inoltre scegliere se aggiungere che potrebbe sembrare un po’ antipatico rispondere semplicemente “Sì” o “No”, ma che c’è necessità di avere alcune informazioni dirette e chiare, per procedere con la richiesta di presa in carico che egli esplicita.
Insomma… anche qui, dal mio punto di vista, l’idea di esplicitare sempre vincente.
B. Il colloquio semistrutturato prevede l’utilizzo di una serie di domande perlopiù aperte, che esplorino alcune aree stabilite queste possano per esempio essere:
- dati del cliente o paziente (età, occupazione…);
- storia familiare;
- storia evolutiva;
- storia affettiva e sessuale;
- storia scolastica e lavorativa;
- storia relazionale;
- storia medica;
- tipo di richiesta;
- inviante.
Tenere a mente tutte queste aree, insieme con tutte le altre competenze richieste in un primo colloquio, aggiungendo il focus su come stiamo noi con la persona che ci sta davanti è una prassi che richiede un po’ di tempo, perché ci si possa sentire sufficientemente comodi.
Allora all’inizio, ti parlo del mio primo colloquio col mio primo cliente, avevo accanto a me un taccuino con su qualche appunto, qualche parola chiave attraverso cui avere chiarezza circa le aree esplorate e quelle da esplorare. Fu utile. Così come può essere utile prendere appunti.
A tal proposito mi va di dirti come mi sono regolata io e come mi regolo in merito.
Generalmente oggi non prendo appunti. Mi affido alla mia memoria. Ricordo molto, se non tutto ciò che è importante e anche di più. Noi psicologi sappiamo che la memoria lavora bene quando siamo attenti, perché l’attenzione è strettamente connessa la motivazione.
Ci sono cose che, ad esempio, proprio non potrei ricordare tipo il numero di telefono dello psichiatra che segue il mio paziente e con cui potrei voler o dover scambiare qualche parola. In quel caso, chiaramente, prendo appunti.
Per il resto sto comoda a mani libere.
Carta e penna, però, possono essere utili e, se ti domandi se possano un ostacolo alla relazione, in coscienza mi viene da dire di no.
Ovviamente tutto dipende da come gli utilizzi.
Negli anni della mia formazione ricordo che rimasi stupita, quando vidi un video di una mia didatta, Lorna Smith Benjamin che sosteneva un colloquio in seduta con un suo paziente col pc addosso (si autosbobinava la seduta in tempo reale) sorseggiando un caffè americano e mantenendo un contatto partecipe, empatico, e nutrito con il suo paziente.
La nostra dev’essere una posizione comoda: lei la chiamava, ricordo, posizione caraibica.
Al contrario posso dire di aver visto persone lavorare senza pc, appunti o altro, ma con distacco, distanza e giudizio.
Lo strumento siamo noi, con le nostre risorse e, ancora una volta esplicitare come noi utilizziamo carte penna o altro offre libertà ad entrambe le parti.
Lascio a te le conclusioni sui vantaggi e sugli svantaggi dell’utilizzo di questo tipo di colloquio.
Nel prossimo articolo di questa serie parleremo interamente del colloquio libero.
A presto!
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