“Quanta poi sia la forza dell’amicizia, lo si può vedere da questo: il legame dell’immensa società umana, costituita dalla natura stessa, si riduce e si stringe talmente, che ogni affetto si accende fra due o fra pochi. L’amicizia, difatti, è niente altro se non un perfetto accordo nelle cose divine e umane, unito con un sentimento di benevolenza e di affetto; e di essa certo non so se, eccettuata la sapienza, dagli dèi sia stata data all’uomo cosa migliore.”
Cicerone, De Amicitia
Il bisogno di relazioni intime tra pari, sorge precocissimo fin dall’infanzia, quando cominciamo a comprendere che il mondo non inizia e finisce con i nostri genitori.
Molto spesso le prime forme di amicizia nascono in seno alla relazione con i nonni: complici e disposti al gioco. La condiscendenza che spesso caratterizza questa relazione viene piano piano integrata con l’incontro col nostro compagno di giochi all’ingresso alla scuola dell’infanzia.
Già in questa sede è possibile osservare il tipo di “stile relazionale” che caratterizza il bambino: se tende ad avere un amico in particolare, se è aperto a tutti, se fa la spola tra questi due stili.
Atteggiamenti di solidarietà e vicinanza sono già possibili in queste fasi: protezione e rassicurazione vengono concessi al proprio amico, se il bambino è educato a farlo.
Chiaramente tutti questi fattori sono influenzati dallo stile relazionale che viene vissuto in casa tra i genitori e tra questi e i loro amici.
Alla scuola dell’infanzia tutto questo è già presente.
La mia amica dell’epoca si chiamava Micaela. Ho ancora la fortuna di averla nella mia vita, ma si sa, però, che la vita e le relazioni cambiano. Così, per un trasloco in un’altra città, per la scelta di scuole diverse, di sport nuovi… di maturazioni e percorsi diversi.
Non è detto che i nostri amici siano sempre gli stessi.
Va detto, però, che se quel sentimento è nato, autentico, e ha consumato una parte di noi per trasformarci in un’altra parte -migliore- di noi… beh quell’amicizia resta nel cuore.
Penso ad Alessandro, il mio migliore amico di adolescenza: quante esperienze, quante parole, quante notti in giro, quante lacrime e giri coi motori condivisi.
Da qualche parte del mondo, nemmeno così lontano, lui c’è, ci sarà sempre, nonostante non ci vediamo da anni.
Ecco, quello che la vita ci insegna è che di amici possiamo averne tanti, perchè l’esclusività non attiene a questo sentimento.
Questa flessibilità nell’accogliere che il tuo amico abbia anche altri amici nasce da una sufficiente sicurezza in se stessi e nell’altro. L’amicizia ci educa a questo, attraverso l’accoglienza di un terzo elemento nella relazione sia esso il gruppo, un altro amico o il ragazzo della tua amica. L’esclusività che chiude, gelosa e avida, non attiene all’amicizia.
“Un amico vuol bene sempre, è nato per essere un fratello nella sventura.”
Recita un versetto del Libro dei Proverbi: l’amico è fratello della sventura e anche nell’avventura, perchè la condivisione di sentimenti, esperienze, tempo e spazio sono essenziali perchè l’amicizia possa sussistere.
Se immaginassimo l’amicizia come una serie di cerchi concentrici potremmo certamente indicare chi è più vicino al centro del nostro cuore e chi meno, perchè i gradi dell’intimità possono essere diversi.
Nell’amicizia l’alterità diventa dono e scoperta: posso sperimentare che lì fuori c’è qualcuno che può amarmi nonostante non ci sia familiarità, a partire dal fatto che non c’è familiarità.
In questo sentimento ci si può sentire accolti, protetti, sostenuti, in modo del tutto gratuito. Un amico che ti apre il cuore o la casa, ti ci fa accomodare.
Spesso le amicizie vivono momenti di crisi e il tradimento di un amico è davvero difficile da digerire, ciascuno di noi lo ha sperimentato.
Ecco, ciò che può aiutare anche in queste relazioni è lasciarsi vedere dall’amico, non solo intuire. Con questo voglio significare che quando un amico ci ferisce un po’, ci rattrista, beh… possiamo parlargliene. Da questi momenti, da come il nostro amico ci ascolta ne usciamo edificati.
Penso e sento che l’amico educa all’ospitalità, quella sacra, in cui ci si può mettere scalzi e con delicate attenzioni camminare insieme.
Chiudo con le parole di questa poesia che hanno tanto orientato e ispirato i miei anni giovanili tra gli amici.
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
È la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l’amico vi confida il suo pensiero,
non negategli la vostra approvazione, né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
nell’amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa
nasce in silenzio e viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall’amico non rattristatevi:
la sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate,
come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell’amicizia altro scopo che l’approfondimento dello spirito.
Poiché l’amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero
non è amore,
ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l’amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea,
fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell’amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose
il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.
K. Gibran, Il profeta
(Photo courtesy of Davide Salvatore)
You must be logged in to post a comment Login