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Nell’approccio fenomenologico-dinamico della costellazione degli indirizzi di psicoterapia, l’utilizzo di tecniche è di gran lunga subordinato alla conoscenza del metodo. In seguito alla piacevole chiacchierata fatta col suo fondatore fiorentino, il prof. Giovanni Stanghellini, potrei quasi affermare che la tecnica è una: la consapevolezza del terapeuta.
Le tecniche comunemente intese -spiega il prof.- sono delle “Manipolazioni tese a creare un’intercapedine, un filtro tra sè e l’altro, per intervenire meccanicamente sull’altro.”
Il metodo, invece, è la strada da seguire e quello della scuola fenomenologica è riassunto nell’acrostico PHD.
P= Phenomenology
H= Hermeneutics
D= psychoDynamic
Il momento P consiste essenzialmente nel rendere lo psicoterapeuta in grado di far dispiegare al paziente la pagina della propria storia, mettendolo a proprio agio. “Per questo dal mio punto di vista– continua Stanghellini- noi dobbiamo formare la persona dello psicoterapeuta, non il tecnico“.
Il sintomo, infatti, non va eliminato o gestito, ma va fatto parlare, perché esso ci racconta della coscienza ma anche dell’inconscio dell’altro.
Dopodichè, ovvero dopo aver messo l’altro nella condizione di aprirsi, gli si chiede di assumere una posizione circa la propria emozione o il proprio desiderio esposto.
Questo è il momento dell’assunzione di responsabilità, il momento H.
“Non esiste patologia psichica che non comporti un’alterazione del dispositivo della responsabilità”
afferma con convinzione il Direttore della Scuola Fenomenologica-dinamica. La responsabilità, infatti, è un momento cruciale nel cambiamento terapeutico, che sfata del mito che vede i fenomenologi avulsi dalla realtà. Il terapeuta restituisce all’altro la responsabilità di se stesso, senza biasimo, determinando così il passaggio da una posizione di passività ad una di attività.
Depressione, schizofrenia, disturbo borderline di personalità o piccole nevrosi hanno in comune lo scompenso dell’equilibrio nel dispositivo della responsabilità.
Il professore procede sottolineando come il concetto di responsabilità abbia una matrice filosofica, pertanto non solo è lecito ma soprattutto necessario che nella formazione di uno psicoterapeuta si investa tempo nella riflessione filosofica.
Infine il momento D è quello in cui si chiede al paziente di ricostruire la storia della propria posizione esistenziale difronte alle riflessioni emerse. In cui si fanno i conti con copioni di vita e con la propria storia.
Risulta evidente come, da quanto emerso, ciascun terapeuta debba conoscere la propria filosofia di cura, ce n’è sempre una più o meno consapevole, a patto di non considerare il termine filosofia un termine astratto.
Buona riflessione, allora.
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