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A parlarci di questo argomento è ancora il prof. Mirco Fasolo, docente di Psicologia dello Sviluppo, presso la Facoltà di Psicologia di Chieti ed esperto di sviluppo del linguaggio.
Egli sottolinea come non solo sia importante parlare ai bambini, condividendo con loro momenti di scambio, in cui, anche con l’utilizzo di libri con immagini, li si accompagni nel complesso processo di legare i suoni e le parole al referente, all’oggetto cui si riferiscono.
Una volta che il piccolo ha imparato così a denominare, l’adulto può iniziare con il raccontare delle storie attraverso le immagini, aggiungendo verbi e connettivi, rendendo le narrazioni via via più ricche.
È un processo meraviglioso in cui avviene la mutua corrispondenza e sintonizzazione dell’adulto col bambino. Ed è proprio il piccolo che ci guida in questo apprendimento, offrendoci segnali circa ciò che gradisce o no e su cosa vuole canalizzare la propria attenzione.
In questa fase, l’utilizzo di vezzeggiativi e di tutti quei trucchetti propri del motherese, ovvero del linguaggio che naturalmente l’adulto adotta per parlare con il bambino (lo potremmo chiamare ‘bambinese’), sono preziosi e utili.
Queste semplificazioni via via scompaiono, per introdurre sempre di più e in modo completo il piccolo all’interno della propria comunità linguistica.
Questo passaggio -lo vedremo anche in seguito- è fondamentale per uno sviluppo armonico e sereno dell’intera personalità del bambino, della sua carriera scolastica, delle sue capacità relazionali e sociali.
“Il vero problema circa l’acquisizione del linguaggio -afferma con convinzione il prof. Fasolo- è quando da parte degli adulti c’è assenza di comunicazione e assenza di stimoli”.
Pertanto il messaggio importante è uno:
bisogna passare del tempo con i bambini, un tempo rumoroso, un tempo condiviso, un tempo in cui comunicare… compito difficile e straordinario insieme.
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