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Utilizzo dell’approccio contrattuale per la promozione del processo terapeutico

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Utilizzo dell’approccio contrattuale per la promozione del processo terapeutico

Passi operativi e teorici dell’Io sono ok, tu sei ok, nella pratica clinica del contratto

Il contratto secondo Berne (1986) è un esplicito impegno bilaterale per un ben definito corso d’azione. Tale concezione contiene in sé i tre assunti dell’Analisi Transazionale (Ian Stewart e Vann Joines, 1987, pag 20): ognuno è ok, ognuno ha la capacità di pensare, ognuno decide del proprio destino e queste decisioni possono essere cambiate.

Ciò significa che la relazione tra cliente e terapeuta è paritaria, l’individuo ha la capacità di pensare e autodeterminarsi e la possibilità di modificare, se vuole, le decisioni prese.

Berne (1961) distingue tre tipologie di contratto:

  1. contratto amministrativo, nel quale si definiscono le regole del setting psicoterapeutico (durata, frequenza e luogo delle sedute, ecc.)
  2. contratto professionale, che riguarda l’aspetto del contenuto (definisce il contratto di cambiamento desiderato dal cliente);
  3. contratto psicologico, che definisce il processo, riguarda i messaggi impliciti che il terapeuta ha il compito di esplicitare.

Novellino (2010) considera il contratto su due piani distinti: quello del contenuto e quello del processo. Il primo attiene al contenuto dell’accordo tra terapeuta e cliente circa il cambiamento che intende attuare; il secondo attiene alla relazione tra terapeuta e cliente. Berne (1961) riteneva che l’obiettivo finale dell’Analisi Transazionale è il riassetto e la reintegrazione strutturale, ciò vuol dire che il contratto deve necessariamente essere una dichiarazione emotiva de Bambino alla presenza dell’Adulto e del Genitore. Pertanto nella pratica psicoterapeutica, nel formulare e negoziare con il mio cliente un contratto tengo presente che:

  • sia formulato al positivo, ossia specifichi la richiesta e l’impegno del cliente a fare qualcosa di diverso in direzione del cambiamento, piuttosto che smettere di fare qualcos’altro;
  • contenga un obiettivo specifico, raggiungibile e osservabile, ovvero escluda la possibilità di sabotaggio da parte delle modalità di funzionamento automatizzate e disfunzionali del cliente, sia effettivamente realizzabile e possa essere visualizzato come risultato di cambiamento;
  • specifichi un cambiamento adeguato, operazionalizzabile e sicuro dal punto di vista fisico e sociale, cioè sia valutato appropriato e percorribile dall’Adulto del cliente con la collaborazione del Bambino Libero, sotto la protezione del Genitore;
  • prenda in considerazione le difficoltà e le risorse del cliente, come punti di crescita e punti di forza rispetto ai quali orientare il processo di cambiamento.

Nella pratica psicoterapeutica utilizzo il contratto con il mio cliente per la guida del processo terapeutico, allo scopo di delineare l’obiettivo di cambiamento e, conseguentemente, il piano di trattamento con le mete specifiche, le strategie e le tecniche della terapia.

Inoltre l’utilizzo dell’approccio contrattuale mi permette di condividere con il mio cliente la responsabilità del cambiamento che egli vuole affrontare.

Considero il contratto terapeutico la fase culmine dell’alleanza terapeutica. Nel momento in cui accetto di entrare in relazione con il paziente, in una situazione alla pari, mi alleo con lui e costruisco una fiducia che gli permetta di esperirmi come una professionista alleata al suo processo di cambiamento, nel pieno rispetto di ciò che egli desidera per sé. Difatti un contratto ben definito è garanzia di trasparenza, certezza rispetto alla direzione verso cui si sta andando all’interno del processo terapeutico e tutela per entrambe le parti.

Definito in questi termini, il contratto come pratica psicoterapeutica, rappresenta il primo passo per il cliente per uscire dal suo copione di vita, poiché “implica la consapevolezza che c’è un problema, la decisione (da parte dell’Adulto) di risolverlo, con un piano di azione collegato all’obiettivo e degli strumenti per valutare il progresso e il raggiungimento degli obiettivi” (Muriel J. James, cit. in De Nitto, 2006, pag. 176). Nell’esplicitare e definire insieme al mio cliente il contratto terapeutico, rispetto i quattro requisiti che Steiner (1999) ha riadattato dal campo legale:

  1. mutuo consenso: cliente e terapeuta si accordano su quello che faranno nel percorso terapeutico, il primo rispetto al cambiamento che desidera, il secondo rispetto al servizio che può offrire per favorirlo;
  2. remunerazione valida: definisce il vantaggio che entrambi gli attori della relazione terapeutica trarranno dal rapporto: per ciascuno dei due il rapporto deve essere remunerativo e non di sfruttamento;
  3. competenza: implica il riconoscimento della competenza reciproca nel promuovere il cambiamento desiderato dal cliente;
  4. obiettivo legale: nel lavoro terapeutico, cliente e terapeuta si impegnano a utilizzare metodi e strumenti legali orientati al cambiamento.

Inoltre Novellino (2010) distingue, tra i contratti di terapia, due tipologie: quelli soffici e quelli duri. I primi attengono alla comprensione cognitiva del proprio problema; i secondi attengo al cambiamento comportamentale.

Convengo con i Goulding (1983), secondo i quali il contratto stabilisce il focus essenziale del trattamento e porta il paziente a decidere specificamente cosa intende cambiare dei propri comportamenti e delle proprie convinzioni o emozioni per raggiungere le mete da lui stabilite.

Nella definizione del contratto generale parto dalla richiesta di cambiamento del cliente, che sia coerente con la definizione del problema e soprattutto che sia accettabile.

Pongo molta attenzione, in questa fase, a evitare di sostituirmi alle scelte del mio cliente, nonché ad accettare passivamente, deresponsabilizzandomi nel mio ruolo, un’eventuale richiesta inaccettabile del mio cliente.

Nella definizione del contratto terapeutico condivido e applico la distinzione proposta da Holloway e Holloway (1977) tra contratti di controllo sociale, che perseguono un obiettivo in un’area specifica attraverso l’energizzazione dell’Adulto del cliente per migliorare, cambiare e ottimizzare i comportamenti dello stesso che interferiscono con un buon grado di soddisfazione nelle relazioni sociali; e contratti di autonomia, che hanno come scopo il recupero delle capacità di consapevolezza, spontaneità e intimità (Berne, 1964) attraverso la ristrutturazione della personalità .

Ritengo (Goulding, 1983) inaccettabili i contratti:

  • genitoriali, stipulati dal Genitore Critico al di fuori della consapevolezza adulta della persona;
  • di adattamento, stipulati dal Bambino Adattato al di fuori della consapevolezza adulta;
  • tesi a cambiare gli altri;
  • stipulati da un Adulto contaminato dal Genitore e/o dal Bambino.

A differenza del contratto terapeutico generale, il contratto di seduta o di lavoro (Novellino, 2010) definisce cosa il cliente vuole fare per sé in ciascun incontro del percorso terapeutico, rispetto al problema specifico affrontato. Lo trovo uno strumento molto utile, poiché rinforza la relazione di parità tra terapeuta e paziente, tiene conto anche delle esigenze contingenti di quest’ultimo e ribadisce la responsabilità che egli ha nel raggiungere ogni meta delineata nel suo piano terapeutico.

Per il contratto di seduta utilizzo gli stessi criteri di accettabilità del contratto terapeutico. Verifico inoltre che sia in linea con esso, così da contribuire alla determinazione del cambiamento desiderato. Spesso, nella pratica clinica, mi è capitato di constatare come il contratto di seduta concentrasse in sé i termini dell’intero processo terapeutico. In particolare, per la costruzione del contratto di seduta utilizzo la proposta metodologica di de Nitto (2006) che definisce un piano strategico composto di tre fasi distinte:

  1. chiarificazione del problema: il cui focus è sul paziente con l’obiettivo di individuare la richiesta di cambiamento del cliente, centrandosi sul problema che egli porta e dimostrando un atteggiamento di ascolto attivo nei suoi confronti tramite l’impiego di procedure tecniche specifiche (specificazione, interrogazione, parafrasi e verbalizzazione);
  2. verifica della validità della richiesta: il focus è sul terapeuta, è la fase della “propositività dopo l’ascolto” (Scilligo, 1994). Attraverso essa il terapeuta verifica se la richiesta fatta dal suo cliente è funzionale alla sua crescita, è raggiungibile, rientra nel quadro dei valori della persona, ha un obiettivo legale, è in linea con il contratto di seduta;
  3. accordo sugli obiettivi: il focus è sia sul terapeuta sia sul paziente, essi insieme raggiungono un accordo sugli obiettivi del cambiamento, definendolo in termini positivi, specifici, osservabili e graduali.

Sono convinta che “l’accento posto sul contratto permette l’instaurarsi di una sorta di impresa a capitale misto, che aumenta la motivazione del cliente e accresce la probabilità di successo. Avere una mappa chiara che pone l’accento sull’essere ok delle persone aiuta a eliminare i pregiudizi rendendo il percorso più facile e, di conseguenza, più gradevole.”. (Vann Joines, in de Nitto, 2006, pag. 230).

Ciao, mi chiamo Francesca di Sipio e sono l'ideatrice di questo portale web. Sono una psicologa clinica, psicoterapeuta, analista-transazionale ad approccio integrato, psicologa dello sport. Il mio studio è sul territorio di Chieti-Pescara. Mi trovi sui social, sulla mail ma soprattutto al 3477504713

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