L’Analisi Transazionale (AT) rappresenta per me non solo una grande risorsa, ma corrisponde proprio al mio modo di essere e di “essere con” le varie e diverse persone e relazioni che incontro nel lavoro e nella vita. Questo approccio mi interessa per la focalizzazione umanistico-esistenziale.
Nel corso degli anni dell’Università dalla quale provengo, a chiaro orientamento psicodinamico e nelle esperienze di tirocinio universitario, apprezzai molto la psicoanalisi, ma una volta laureata, scelsi di formarmi secondo un approccio integrato.
Constatai, infatti, presto i limiti del modello che mi avevano proposto (con focus su Freud e Bion): trovai quell’approccio scarsamente integrato con gli altri. Così sono approdata con una certa ingenuità e non conoscenza dei principi dell’AT, nella Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica presso l’Università Pontificia Salesiana.
Per me è stata una rivoluzione copernicana, arricchente e dolorosa allo stesso tempo, certamente straordinaria. Nei primi due anni, grazie alla terapia in gruppo fatta durante la formazione e grazie a quella individuale, la rivoluzione è stata quella di mettere al centro me, di imparare a conoscermi, di sospendere la critica, di amarmi e accogliermi come sono.
Questo percorso, chiaramente non si è ancora concluso. È un esercizio continuo, per me, nell’arte di mettermi dalla mia parte.
Questo di volta in volta mi permette di creare uno spazio piuttosto comodo e accogliente anche all’altro che incontro in terapia.
Apprezzo molto l’approccio integrato della mia formazione, che mi permette di avere basi solide per altri tipi di apprendimento e letture del variegato mondo della psicoterapia e per una proficua comunicazione con i colleghi che provengono da altre Scuole di pensiero.
Trovo che ciò permetta di essere flessibili e pronti, qualità certamente fondamentali per degli psicoterapeuti.
Apprezzo la potenza e il valore euristico dell’Io sono OK, Tu sei OK, alla base del corpus teorico berniano e post berniano e ne sperimento l’efficacia.
Apprezzo il principio secondo il quale “ognuno ha la capacità di pensare”. Esso, insieme con quello per il quale “ognuno decide del proprio destino e queste decisioni possono essere cambiate” (Stewart e Van Joines, 1989, pag. 20), si sposano perfettamente con i valori morali e umani che ispirano la mia intera esistenza, non soltanto l’aspetto professionale.
Su questi fondamenti si basa l’approccio integrato, in una visione olistica e complessa dell’uomo.
Apprezzo l’approccio contrattuale: espressione tecnica degli assunti sopra riportati. Questi concetti mi permettono di sperimentarmi come agente attivo della realtà e di godere di un rinnovato fluire energetico in tutti i miei Stati dell’Io.
Del percorso fatto nella Scuola di Specializzazione apprezzo inoltre la perfetta integrazione degli aspetti nomotetici con quelli ideografici. L’intero iter formativo è un connubio tra lo “stare con” della pratica clinica e il supporto della ricerca, che orienta e spiega quanto avviene in seduta e come la relazione terapeutica possa “guarire” i pazienti.
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