La tristezza di Natale è ricorrente per molte persone ed è uno stato diverso dalla depressione stagionale e periodica.
Le luci si accendono, ma può accadere che qualcosa dentro lampeggi, si spenga, lampeggi di nuovo e si spenga dentro.
L’arte ci offre, come sempre, intense testimonianze di questa dinamica. Penso alla poesia Natale di Giuseppe Ungaretti. Il poeta del fronte scrive questi versi frantumati, come la sua anima, nel 1916, quando a Napoli è in pausa dalla guerra. E proprio come accade a molti di noi, sente di non voler immergersi nella folla a Natale, è stanco, vuole essere lasciato solo.
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
E può capitare che la pressione sociale, l’imperativo a gioire e a stare in famiglia diventino fardello che sconvolge il giorno e non fa dormire di notte.
Può capitare che la corsa all’acquisto si faccia affanno, che la mancanza di qualcuno si faccia più intensa, che riaffiorino ricordi, paure, dolori.
Anche Morgan, nel suo primo album da solista, Le canzoni dell’appartamento, amplifica la nostra riflessione, col brano Canzone di Natale.
Concedersi il modo di ascoltarsi nel flusso della controtendenza è importante, in Come prepararsi psicologicamente al Natale, trovi un approfondimento.
Ascoltarsi e uscire. Questa nostalgia, che a volte si fa dolore e tristezza, accomuna molte persone e parlarne permette di stringersi in una possibile esperienza di comunione umana che, poi, alla fine, sembra essere il senso profondo del Natale.
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