Nel caos dei giorni, nel pieno delle parole, tra i rumori, gli impegni, i ritardi, gli slogan, le corse.
Nel pieno della carriera, tra i banchi di scuola, dentro una crisi d’ansia, verso un successo che spaventa, una responsabilità che schiaccia.
Quando metabolizzi una delusione, un fallimento, una relazione finita.
La solitudine diventa silenzio e vuoto, paura di incontrare un dolore o un’angoscia nel silenzio.
In quel silenzio è possibile generare se stessi. Nelle stanze lasciate vuote della nostra intimità farsi spazio e accendere la luce significa prendere possesso di un mondo completamente nostro.
Abitarlo permette di generare una relazione con noi stessi e di conoscerci.
Il silenzio si fa casa, specchio, incontro.
Dalla rottura e dalla rottura riparata sperimentiamo la possibilità di saperci capaci di non lasciarci soli.
Nel silenzio e nella solitudine parlano ricordi e aspettative, in quelle stanze si odono le voci di desideri e pensieri. In quello spazio si può trovare il coraggio di una nuova scelta.
Essere educati a quell’ascolto è arte e tirocinio che s’imparano anche davanti ad un Tu particolare che è quello del terapeuta.
Dal terapeuta si impara la relazione e si impara a stare soli.
In questa eterna danza i due ballano ora uniti ora distanti per scoprirsi ad ogni nuovo gesto.
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