Cosa vuol dire essere un capitano?
Oggi lo sappiamo tutti: proteggere, offrirsi, organizzare, salvare, rispettare, sacrificare.
Lo splendido esempio di Kjaer e compagni ci ha ricordato che dentro al concetto di squadra esiste un universo di dinamiche che parlano di umanità.
Queste dinamiche investono ciascun componente e riguardano non solo il ruolo, ma anche la personalità e i valori di ciascun membro e di tutta la squadra.
Nel complesso processo delle identificazioni, il gruppo costituisce un Tu dentro il quale ognuno trova spazio e voce.
Un Tu particolare all’interno della squadra è quello del capitano. Egli è una figura chiave, un leader che ha da interagire con molti altri Tu: i compagni, l’allenatore, l’arbitro, la Società, la tifoseria.
Essere capitano significa essere investiti di un grande onore, cui corrispondono moltissime responsabilità.
Il capitano ha in mente la squadra in un modo diverso, egli la pensa in azione, un po’ come accade per l’allenatore e la sente in azione, un po’ come accade con il direttore di gara.
Il capitano ha in mente ogni suo membro nei suoi punti di forza e nei suoi punti di crescita.
Il capitano ha in mente i propri punti di forza e i propri punti di crescita.
Il capitano conosce la squadra e ad essa si relaziona fortificandone gli aspetti e valorizzandone le peculiarità.
Un leader che miscela il suo intervenire e il suo lasciar fare, un leader che serve, un leader che offre presenza.
La sua importanza per gli altri membri della squadra consiste in quello che egli fa ma anche in quello che egli rappresenta.
Come modello , infatti, elicita emulazione, promuove progresso, sviluppa competenze, ma anche stimola identificazioni con aspetti di sé più profondi: può essere oggetto di invidia e critica.
Un capitano, in modi più o meno impliciti, sa tutto questo e si racconta alla squadra con gesti che ne costituiscono l’identità.
Quello dello scorso sabato ne è un esempio altissimo e delicato, potentissimo e profondo.
Mi vengono in mente le parole del dott. Ricci, padre di Giampaolo, che sabato ha vinto, da capitano, lo scudetto di pallacanestro con la Virtus Bologna :
“Ma che ne sanno loro di cos’è un Capitano? Uno che difende anche per chi non lo fa, che fa sempre il taglia fuori per far prendere i rimbalzi ai compagni, che va a bloccare su tutti, che rinuncia ad un tiro per far brillare il compagno, che in ogni gesto, in partita come nello spogliatoio o in allenamento, distribuisce energia, positività, unità, solidarietà di squadra, spesso rinunciando ai propri spazi, conquistati proprio con quei sacrifici? Già, che ne sanno?
(…)
Allora tienila alta, quella coppa, perché anche se è solo una coppa con una medaglia, dentro c’è la tua vita, che, converrai con me, è valsa la pena vivere così fino ad oggi.
Certo, ma veramente certo che il meglio deve ancora arrivare.
Capitano mio Capitano.”
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