Negli ultimi anni la metodologia dell’approccio all’allenamento per gli sportivi, in particolare per gli atleti semiprofessionisti e professionisti contempla un approccio integrato.
L’approccio integrato nell’allenamento coniuga sia gli aspetti legati al gesto atletico sia quelli psicologici (Cei, 2011).
Integrare è un’arte importante perché significa tener presente che la realtà dell’atleta è complessa.
Infatti la complessità è il modo del mondo (Bateson, Verso un’ecologia della mente) e complesso non è sinonimo di complicato. Pensare il complesso significa rinunciare alla linearità binaria nella lettura dei fenomeni e dei comportamenti dinamici ed aprirsi ad una visione olistica.
Complesso significa che esistono diversi piani da tener presente e, nel caso di un allentamento integrato, questo comporta valutare:
- l’aspetto motorio per sviluppare o migliorare le capacità fisiche, la tecnica e la tattica;
- l’allenamento mentale al servizio dell’apprendimento motorio;
- l’allenamento mentale nella gestione emotiva;
- l’allenamento mentale legato a obiettivi personali o di squadra specifici.
In modo particolare nell’approccio di Holmes e Collins (2001), il modello PETTLEP (Physical, Environment, Task, Timing, Learning, Emotion, Perspective) rintraccia in 7 aspetti da tenere in considerazione per rendere una sequenza di movimenti corrispondente all’esercizio concreto in un esercizio di allenamento mentale.
- Fisico: riguarda ad esempio l’equipaggiamento del giocatore.
- Ambiente: concerne l’intero contesto di gioco.
- Compito: si immagina l’esercizio così come lo si sa svolgere.
- Temporizzazione: riguarda la durata del compito, l’azione immaginata e quella reale dovrebbero durare approssimativamente lo stesso tempo.
- Apprendimento: di sessione in sessione esso va monitorato e consapevolizzato.
- Emozione: riguarda la risposta emozionale all’attivazione.
- Prospettiva: se in prima o terza persona.
Abitualmente quando accompagno un atleta in un programma di consolidamento del processo di apprendimento con la visualizzazione mentale, mi accordo, ove possibile, con l’allenatore dal quale mi faccio spiegare molto bene i passaggi dell’azione da memorizzare.
Presso il mio studio non chiedo tuttavia di indossare la divisa, ma lascio il soggetto immergersi nell’esperienza di visualizzazione attraverso la stimolazione di tutti gli organi di senso. Sul tempo spesso tengo presente le indicazioni di Holmes e Collins, altre volte, ma ciò dipende dall’obiettivo, esso si dilata o si concentra.
Mi è capitato una volta in un lavoro che riguardava la gestione emotiva di far focalizzare al soggetto pensieri, emozioni e comportamenti legati alla trasferta. Chiaramente la nostra seduta non è durata 6 ore, abbiamo accelerato. Altre volte nella gestione del lancio del pallone per una battuta al salto di una pallavolista la focalizzazione di comportamenti, pensieri ed emozioni nella visualizzazione ha determinato decisamente una dilatazione del tempo rispetto all’azione reale.
Pensare in modo complesso significa tenere presente la personalità e l’individualità dell’atleta o della squadra, significa interfacciarsi con l’allenatore, con il medico, con il fisioterapista.
Cooperare per un obiettivo è mezzo e fine di ogni allenamento, di ogni passo verso il desiderio di esprimere pienamente se stessi con la bellezza del gesto atletico.
Bibliografia
A. Cei, L’allenamento mentale negli atleti, in Lucidi, 2011.
G. Beteson, Verso un’ecologia della mente.
P.S. Holmes e D.J. Collins, The PETTLEPP approach to motor imagery:a functional equivalence model for sport psychologist, 2001.
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