Attualità
Le coppie e l’infertilità
Supportare le fragilità
L’immagine che accompagna questo articolo è un esempio dell’arte pregnante e che parla a molti livelli della nostra coscienza e comprensione. E’ di Frida Khalo, il titolo è Ospedale di Hanry Ford o Il letto volante, la pittrice messicana è profondamente segnata dall’esperienza degli aborti e dal dolore dicibile e indicibile allo stesso tempo per il fatto che non è riuscita ad avere figli.
Già in questo passaggio si delinea quella linea tutt’altro che sottile per la quale una persona infertile o sterile può generare profondamente una fecondità ricca.
L’ appartenenza di genere e l’idea di maternità e femminile e di paternità e maschile o -oserei dire- di virilità e maschile rappresentano quel 50%, insieme con la genetica, su cui si genera la nostra espressione fenotipica ma anche fenomenologia di noi.
Cioè il mio modo di sentirmi donna e il tuo di sentirti uomo ha una base genetica su sui si fonda ma è poi all’interno di una più o meno forte adesione ai modelli o prototipi della nostra società, della nostra comunità e dell’adesione ad un sistema valoriale che ha compimento.
E sistema valori non significa solo credo in Dio o nella costituzione o in non so quale altra legge umana o della natura, sistema valoriale è la pressione sociale e la forza d’animo richiesta per appartenere alla società e poi distinguermi da essa. Un esercizio continuo che, inizia quando cominciamo a osservare i nostri genitori e poi nell’adolescenza viene rimaneggiato, per andare verso un più o meno pieno compimento durante l’età adulta.
Modelli o Prototipi? L’uomo virile, la donna bella, la simbologia in tal senso è chiaramente molto evocativa ma anche molto ingabbiante: simbolo del femminile è lo specchio di Venere stilizzato: allora mi viene in mente la pressione cui noi donne dobbiamo in qualche misura corrispondere sull’essere sempre belle, carine, avvenenti -attenzione ma non troppo!- aggraziate e fertili.
E poi la Potnia o Madre terra che ha un valore di divinità perché è essenza di vita e fertilità. Ecco noi siamo cresciute a pane e questo.
E poi il simbolo del maschile, della freccia di Marte, dell’uomo che guerreggia, che è forte o che ha tante, tantissime donne e, diciamocelo, che poi non è mai troppo capace di accudire un bambino, perché non lo ha portato in grembo.
Tutti questi sono modelli che se cristallizzati e troppo impliciti dentro di noi rendono quell’incomunicabilità e quello iato esistenziale profondo espressi nella frase “le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte”, ahimè vero.
Quanti uomini vivono la frustrazione o la vergogna di non essere machi e quante donne sentono la colpa per non voler stare troppo a casa con i figli!
Questo non significa che i modelli non servano, anzi! Questo significa che il modello è un prodotto sul quale possiamo sempre lavorare in base alle esigenze della realtà, del modo di sentire e pensare e questi modelli o modi posso cambiare, evolvere, mutare… o, oserei dire, possono essere anche multipli e presenti dentro di noi.
Allora puoi scegliere di non farti chiamare “Mammo” se hai scelto di prenderti un tempo per stare con tuo figlio appena nato.
Questa rottura di modelli per crearne di nuovi e più accoglienti è comprensiva della complessa società in cui ci troviamo e diventa viatico di apertura anche per le coppie che non riescono ad avere figli in modo naturale e posso iniziare a darsi il permesso di essere nel modo originale e nuovi che sono.
Ma cos’è l’infertilità?
L’infertilità è l’incapacità di condurre una gravidanza fino all’epoca di vitalità fetale. Tale condizione nasce da un difetto circa l’annidamento o lo sviluppo dell’embrione. La sterilità, invece, è la mancanza di concepimento dopo 1-2 anni di rapporti liberi.
Nel caso della sterilità la definitività della diagnosi paradossalmente genera una pressione tale che si cerca e si dà un nome più definitivo alla condizione vissuta.
Nelle coppie che hanno una fertilità residua, per quanto bassa, si assiste ad una difficoltà di mettere nome alla situazione e questo attiva un processo di ciclo emotivo legato al ciclo mestruale della donna: nella fase fertile avviene quel rapporto sessuale estremamente finalizzato al concepimento e se dopo una 15ina di giorni circa del concepimento non è avvenuto e si assiste alla comparsa delle mestruazioni la coppia precipita in uno stato di profonda tristezza.
Allora immaginiamoci questo processo reiterato per mesi o anni e quanto queste montagne russe emotive possano investire tantissimi aspetti della persona e della coppia.
La propria percezione corporea si modifica gradualmente: con pesanti ripercussioni sull’autostima e sulla vita di coppia. C’è infine la frustrazione degli accertamenti medici, sempre molto sgradevoli e, talvolta, come visto, profondamente invasivi. Tutto questo precipita la persona in un grave stato di disagio.
Oltre a raccogliere l’evento della sterilità come parte della condizione personale che è chiamata a vivere, la coppia si trova a dover riconoscere questa circostanza e a dare parole alla condizione.
Noi psicologi spesso utilizziamo l’espressione famosissima «elaborare il lutto». Gli aspiranti genitori, oggi faticano a comprenderne il significato, perché la società post-moderna riduce a fatto privato tutte quelle manifestazioni che un tempo avevano valore per l’intera comunità. Il lutto, invece, è un gesto originariamente sociale e definisce una serie di comportamenti, di gesti, che comunicano a tutti una realtà accaduta, di solito, la scomparsa di una persona cara.
Celebrare il lutto in questo caso significa rompere una pagina sociale di falsa cordialità, cioè è possibile cominciare a parlare apertamente della condizione di sterilità con gli amici, con i parenti, con i conoscenti, affinché le persone vincano l’imbarazzo e sentano di poter dialogare serenamente di questo come di un fatto possibile.
Per arrivare a questa consapevolezza c’è bisogno di una cultura dell’infertilità come di un fatto possibile e che può essere accolto e vissuto, elaborato e superato, accompagnato e con gli esiti più diversi che vanno dalla fecondazione all’adozione, dall’affido allo scegliere di non percorrere nessuna di queste strade e restare in due.
Esistono infiniti modi di essere coppia o famiglia, infiniti quanti sono le coppie o le famiglie ed esiste la possibilità di condurre un’esistenza felice, anche quando i figli non arrivano, semplicemente perché nella realtà c’è, anche se a volte è difficile vederlo, tutto quello di cui abbiamo bisogno.
Ciao, mi chiamo Francesca di Sipio e sono l'ideatrice di questo portale web. Sono una psicologa clinica, psicoterapeuta, analista-transazionale ad approccio integrato, psicologa dello sport. Il mio studio è sul territorio di Chieti-Pescara. Mi trovi sui social, sulla mail ma soprattutto al 3477504713
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