Esiste un fenomeno che vedo spesso in questo periodo: non è ansia, ma è una sorta di stanchezza, sfibramento delle risorse, pressione o fatica.
Si chiama stress.
A livello clinico lo stress è la condizione di attivazione fisiologica o psicologica accompagnata da uno squilibrio tra le richieste dell’ambiente e le capacità per fronteggiarle.
Allora in questo periodo le molteplici sollecitazioni ambientali derivanti dalla pandemia creano un accumulo di lavoro per il cervello, per le sue risposte fisiologiche, per il nostro corpo e per la nostra psiche.
I fattori di questo stress sono:
- processare le informazioni, valutandone la fondatezza;
- la cosiddetta infodemia (eccesso di informazioni);
- l’eccessiva sollecitazione emotiva personale e collettiva;
- il livello di attenzione richiesto anche per le nostre azioni quotidiane. Per esempio igienizzarsi spesso le mani o mantenere la distanza fisica richiedono un livello di pensiero alto, anche quando siamo a passeggio o a fare la spesa, azioni normalmente fatte per automatismi;
- il livello di attenzione per i comportamenti altrui: l’attenzione a come vengono indossate le mascherine, a come misurare la vicinanza fisica dell’altro o a conteggiare rapidamente il numero delle persone al bar per valutare se entrare, quando ancora eravamo zona gialla.
Il paradigma è quello della vulnerabilità nel modello stress-coping. Ovvero ciascun di noi ha una personale soglia nelle capacità di fronteggiare fattori stessogeni: risorse personali che si sono costruite fin dalle primissime fasi della vita, anche quella intrauterina.
Perchè, ad esempio, una mamma che ha una soglia di vulnerabilità bassa, si stressa facilmente, attivando così il proprio circuito di risposta, con produzione di cortisolo che certamente viene percepito, assorbito e memorizzato anche dal feto e quel circuito sarà più facilmente attivato una volta nato, specie se l’atteggiamento di risposta ansiogena viene reiterato nell’esperienza di vita.
Al momento attuale gli esiti di questo stress possono essere diversi: per esempio l’insonnia o una qualità del sonno ridotta, mal di testa, ansia, rabbia, insicurezza, depressione, difficoltà digestive, insicurezze, confusione, incubi.
Tutto questo porta alcune persone alla messa in atto di un particolare meccanismo di difesa tutt’altro che nuovo e descritto per la prima volta dal dott. Sigmund Freud: il diniego.
Attraverso di esso si esclude in modo inconsapevole o implicito, ciò che nella realtà risulta essere disturbante e capace di turbare eccessivamente il nostro equilibrio, in quanto evoluzionisticamente tendiamo all’omestasi, cioè a mantenerci come e dove siamo.
I meccanismi di difesa, imparati precocemente rappresentano per noi una forma di adattamento all’ambiente che ci permette la conservazione di noi stessi e spesso anche dell’affetto delle figure che ci garantiscono amore, cura, vita. In virtù di questo abdicare ad essi è arte difficile e che richiede livelli di consapevolezza alti, nuovi, profondi.
Sappiamo che il diniego (diverso dalla negazione, in senso psicologico) precipita questa situazione critica della pandemia verso esiti avversi alla conservazione e protezione di sè e della specie.
Pertanto poiché la realtà chiede una rapida ridecisione e un nuovo adattamento, il nostro cervello, nella sua parte corticale e subcorticale, ovvero nelle sue parte più nuove in senso evolutivo, può produrre schemi di adattamento più efficaci, più produttivi e tutto questo richiede una nuova forma di apprendimento che lo stress consente, perché ci mantiene vigili.
Il nostro cervello sotto stress lavora allora tantissimo: dalla percezione dello stesso, che avviene nella parte più profonda e antica all’attivazione di quella più nuova che ci permette di scegliere atteggiamenti nuovi e proteggerci.
In terapia spesso si lavora con lo stress, con i suoi fattori promuovendo nuove capacità di risposta che amplificano e ampliano la nostra zona di confort, piuttosto che farci uscire da essa.
Perché mai dovremmo uscire da una posizione calda, comoda, addattiva? Tuttavia ognuno di noi è disposto a lavorare per sentirsi e vivere a proprio agio sempre di più.
Ecco, una nuova terapia consente tutto questo!
You must be logged in to post a comment Login