“Le faccende di denaro sono trattate dalle persone civili in modo del tutto analogo alle cose sessuali con la stessa contraddittorietà, ritrosie e ipocrisia”
Sigmund Freud, 1908
Che voleva dire il padre della psicoanalisi con questa frase? Beh sappiamo dal suo corpus teorico che Freud riteneva che l’Uomo potesse raggiungere la propria felicità realizzando desideri antichi, atavici, infantili.
Nei nostri desideri di fanciulli i soldi non c’entrano, c’entrano più quei bisogni relazionali e quelle storie sul dono d’amore che ho trattato in altri articoli.
Ma allora perché i soldi ci affannano così tanto?
Molte volte essi sono un mero pensiero concreto: non si arriva a fine mese, sebbene essi siano molto ben amministrati, semplicemente perché sono pochi.
Questo, dal mio punto di vista è un fatto sociale che interroga le nostre coscienze, ma di cui non mi posso occupare in questa sede.
Ma altre volte, la maggior parte, essi diventano preoccupazione, perché le spese aumentano, perché si ha paura di non poterle fronteggiare, perché desideriamo maggiore sicurezza.
Questo tipo di fame non viene appagata dall’avere più soldi.
È fame di altro, ovvero di una sicurezza che va oltre la nostra capacità di acquisto di beni sempre più lussuosi.
Nel 1974 un economista di nome Easterlin notò come con l’aumento della crescita economica non corrisponde all’aumento della felicità. La curva vede i due indicatori salire insieme solo per un poco, ma esiste un punto in cui all’aumento della ricchezza, la felicità inizia a decrescere. Egli definì questo processo Paradosso della felicità.
Ancora una volta è una questione di equilibri.
Ricordo una volta eravamo in macchina: mamma, mia sorella, io e papà. Mia sorella mostrava una certa ammirazione per Paris Hilton. Mio padre le chiese “Come mai?” e lei da adolescente rispose quello che avrei risposto anche io, credo:”Perché lei può avere tutto“, e lui: “Ma lo sai che poter comprare tutto può significare non godere di niente?“.
Credo che il paradosso della felicità mio padre l’avesse consapevolizzato così, attraverso un sano rapporto con noi, con il lavoro, con la natura e con lo sport.
Mi vengono in mente diversi pazienti che mi parlano di denaro. Uno di questi l’ultima volta che ci siamo visti mi ha detto mentre stavamo per salutarci: “Mi dispiace che ultimamente parliamo sempre di soldi” e io credo di aver sorriso e risposto: “I soldi sono solo una metafora“.
Spesso sono metafora di un permesso di crescere, di evolvere, di godere, di avere successo che fatichiamo a darci per paura, paura di ferire o allontanare mamma, papà o chissà chi altro.
E dietro il tuo pensiero sui soldi, cosa intuisci che ci sia?
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