Perché la psicoterapia?
Per rispondere a questa domanda non basterebbero volumi e volumi di ontologia umana o semplicemente potrebbe essere sufficiente questa frase: perché ciascuno di noi desidera conoscersi, mettersi in una proficua relazione con sé o con gli altri.
Un’eco affascinante e profonda che attraversa la storia, quella dell’oracolo di Delfi, e di quel famoso “Conosci te stesso”, al quale da sempre l’umanità e ciascuno di noi tenta di rifarsi.
Ora cosa si intenda con “mettersi dalla propria parte” dipende dalla storia personale individuale, si declina con la nostra evoluzione e si intreccia nella profondità delle nostre viscere.
Un ansioso chiede di essere più tranquillo, di non avvertire più pesantezza alla testa, dolore allo stomaco, alle gambe. Un depresso potrebbe chiedere di fare un ultimo tentativo per uscirne, laddove tutti gli altri, suoi o altrui, hanno fallito, anche se, infondo, crede, che non ci sia nulla da fare. Un insicuro potrebbe chiedere nuovi modi e nuove strategie per essere più efficace. Una neomamma vorrebbe certamente instaurare una relazione il più autentica e sana possibile con il proprio bambino, per farlo crescere più sereno e comprenderne le comunicazioni. Un adolescente vorrebbe parlare dei grandi conflitti con sé e con il mondo circostante attraverso le storie con i suoi genitori o i suoi pari. Un borderline potrebbe chiedere di non fluttuare più tra i suoi alti e bassi e di non mettersi più in pericolo o farsi del male. E potremmo continuare ancora e ancora questa lista, proprio perché la psicoterapia è rivolta a persone dalle più svariate complessità.
Berne certamente ci direbbe che la psicoterapia mira al cambiamento del proprio copione e a riformulare, all’interno di una relazione protettiva e sicura, come quella con il terapeuta, una propria ri-decisione di vita.
Ma cos’è un copione?
É lo stesso Berne che in “Ciao e Poi” (1972) ne dà una caria definizione: “Un piano di vita basato su una decisione presa nell’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli eventi successivi e culminante in una scelta decisiva“.
Consapevolizzare ciò, significa già essere ad un ottimo punto della terapia.
Molto più semplicemente e banalmente ritengo che, quando già ci si attiva per cercare uno psicologo, quando si fa quella faticosa prima telefonata per prendere un appuntamento, quando si entra per la prima volta in uno studio e ci si siede e si decida di prendersi cura di sé, si è già compiuto il primo e più grande passo verso se stessi.
Il percorso di terapia è un tirocinio nell’arte di mettersi dalla propria parte, avendo in mente l’altro.
Ma allora cos’è la psicoterapia?
Una chiacchierata (non me ne vogliano i colleghi!) diacronica tra sé e l’altro, in cui emergono criticità, punti di forza, modalità consolidate funzionali o disfunzionali. É una relazione dalla quale imparare una nuova intimità con se stessi e con gli altri, più autentica e concreta. É una pianificazione prima e un raggiungimento poi di obiettivi condivisi tesi al benessere. É un processo in cui si impara ad autodeterminarsi, scegliendo a proprio favore.
Mi piace pensarla in questo modo, nell’Università Pontificia Salesiana, dalla quale provengo c’è una statua con un monito: “Studia di farti amare”, bene, ritengo che la psicoterapia sia quell’università straordinaria in cui non solo imparare e fare esperienza non solo come farci amare, ma anche come amarci e amare.
You must be logged in to post a comment Login