Quando incontrai per la prima volta Michele (nome di fantasia), mio paziente da qualche anno, non avrei mai immaginato che avrei potuto scrivere di sport attraverso la sua straordinaria storia.
Ma questo lavoro è così: sorprende, incanta, coinvolge, genera, trasforma.
Questo ragazzo sulla trentina d’anni porta impressi nella sua pelle, nel tessuto di parole di cui si compone la sua storia e nel suo corpo, i segni di un grave incidente, in cui venne investito da un mezzo pesante, qualche anno prima che ci incontrassimo: coma, interventi e fratture importanti.
Facemmo un bel pezzetto di strada insieme e più la relazione si faceva “terapeutica“, più il tema del corpo si faceva presente tra di noi.
Ricordiamo ancora oggi, in modo vivo, il giorno in cui, mentre parlavamo, gli chiesi se potessi mettermi accanto a lui (non di fronte come sempre capita quando lavoro).
Quel giorno grazie probabilmente a quel gesto delicato e potente allo stesso tempo, qualcosa si ruppe. Anzi qualcosa, che si andava risanando, cominciava a venire sempre più fuori nella tela di quel racconto.
Con quel gesto, ingenuo e naturale, comunicammo a più livelli del fatto che nelle relazioni il corpo c’entra.
Di lì a poco nella vita affettiva, sociale, e lavorativa di Michele cominciava a ventilare aria fresca.
“Mi sono guardato allo specchio e mi sono sentito figo“, disse un giorno.
Michele iniziava a stare bene in quel corpo, nonostante le cicatrici, a partire dalle cicatrici.
Gli esercizi di fisioterapia e ginnastica rieducativa furono un momento importante, in cui la dimensione temporale di quel ragazzo veniva ad essere scandita col ritmo del proprio benessere.
Passo dopo passo, Michele abitava in modo sempre più comodo il suo corpo, lo spazio, la vita.
“Mi sono iscritto in palestra con il mio amico Riccardo -esordì un giorno- faccio arti marziali“.
“Bene, Michele, un guerriero come te, non poteva scegliere una disciplina migliore, stai dando carne alle tue passioni“, chiosai.
Michele con lo sport sta imparando la disciplina e a sentire il proprio corpo, riconoscendone limiti e risorse. Michele, quando non ce la fa, si ferma e tutta la palestra fa il tifo per lui. Michele in quello sport sta bene, mangia meglio e sorride con una luce di soddisfazione nuova.
Michele combatte, non in pedana contro un avversario.
Michele combatte contro i pregiudizi di chi ti vuole perfetto e sano a tutti i costi. E spesso quel tiranno è dentro di noi.
Michele combatte con un grande alleato, la sua consapevolezza, la gioia di essere com’è, di essere proprio lui e non un altro, di essere la sua storia.
Dove lo porterà questo percorso di preciso non lo sappiamo. Non lo so io. Non lo sa lui.
Ma Michele è in pedana, il resto non conta.
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