La comunità scientifica porta aventi la propria ricerca sulla natura e sui fenomeni e comunica i propri dati e risultati in numeri che hanno la capacità di descriverne le caratteristiche.
Esistono due tipi di ricerca: quella quantitativa e quella qualitativa.
Alla prima la matematica, la statistica e la probabilità prestano le proprie teorie per permettere la comunicazione di risultati.
Il libro della natura è scritto in caratteri matematici.
G. Galilei
Così lo scienziato scompone e misura il fenomeno che intende indagare e attraverso una serie di strumenti rileva i propri dati, ad esempio nel caso della psicologia questi strumenti dell’indagine quantitativa possono essere i test psicologici.
La ricerca qualitativa è complementare a questo primo modo di fare scienza e consente di descrivere i fenomeni. Chiaramente nella descrizione si aggiungono un gran numero di dati e anche di possibilità di fare deduzioni e collegamenti.
Questo, ad esempio, è il caso di questionari con risposte aperte.
Nella mia pratica clinica un paio di anni fa ho avviato una ricerca in merito alla psicologia dello sport e alla possibilità di creare un percorso a 5 sedute in cui accompagnare l’atleta verso l’obiettivo desiderato. Il metodo quantitativo mi ha aiutata per semplificare alcuni passaggi, grazie all’utilizzo dei test Millon e Anint a 36.
L’approccio qualitativo mi ha permesso di descrivere meglio alcuni fenomeni e di avere indietro informazioni di ritorno dagli atleti che hanno partecipato.
Ripenso a queste parole di sir Isaac Newton
“Non so come il mondo potrà giudicarmi ma a me sembra soltanto di essere un bambino che gioca sulla spiaggia, e di essermi divertito a trovare ogni tanto un sasso o una conchiglia più bella del solito, mentre l’oceano della verità giaceva inesplorato davanti a me.”
Lo spirito del Bambino che sceglie un po’ cosa lo diverte di più della propria realtà ed esplora, indaga, gioca, ama ciò che l’oceano propone non abbandoni il modo di fare ricerca né quello di fare clinica. Perché si possa pensare una feconda e possibile integrazione degli aspetti nomotetici con quelli ideografici in cui lo “stare con” della pratica clinica e il supporto della ricerca, che orienta e spiega quanto avviene in seduta consenta alla relazione terapeutica di supportare, guarire, liberare.
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