Mi sto piano piano inserendo all’interno di un interessante progetto che nasce dal sogno di Mariano Costa, che allena pallavolisti in A2. Teach&Coach è un movimento da lui innescato, un gruppo di persone che comunica e che ha il desiderio di crescere, informarsi, informare, cooperare, imparare a riflettere sullo sport e sul suo insegnamento.
Io sono stata invitata come Psicologa dello Sport e ne sono onorata.
Questo articolo nasce come prodotto di alcune chiacchierate, di alcuni scambi con Mariano, momenti importanti di crescita per me.
La relazione come fonte di apprendimento.
Come la spieghiamo questa frase?
Le scienze psicologiche attestano come imparare in un clima cooperativo sia molto più fruttuoso che imparare in un clima competitivo, ma perché?
Perché nasciamo e siamo già immersi nella relazione e il nostro bisogno di conservazione e crescita ci permette subito di attaccarci alle figure di riferimento che ci garantiscono, latte, pulizia, sonno, carezze, stimoli e vita.
In modo geneticamente determinato, fisiologicamente evidente, ontogeneticamente vero, filogeneticamente assodato abbiamo bisogno della relazione per sopravvivere e imparare a stare al mondo.
Più queste relazioni saranno caratterizzate dalla libertà e dalla protezione più cresceremo sicuri e l’intelligenza in noi riposta da madre natura potrà essere pienamente espressa.
Sappiamo che il rinforzo positivo produce frutti che tengono anche a lungo termine, perché un apprendimento fondato sulla gioia offre benessere al corpo ma anche alla psiche.
Infatti, sappiamo anche che un apprendimento basato sulla paura, può generare certamente campioni e campioni fortissimi: basti pensare alla carriera di Nadia Comăneci, ma poi tra le medaglie restano vite spezzate che dovranno faticare per tornare di nuovo a provare gioia, piacere, libertà.
Con quante medaglie o coppe baratteresti la tua libertà, la tua gioia di essere come sei?
Quante deviazioni e storture ci sono nei modi in cui alcuni hanno insegnato o insegnano, mettendo il profitto, la performace, il risultato prima dell’uomo!
Ma di quali relazioni parliamo?
- La relazione con se stessi;
- quella con l’allenatore;
- quella con la squadra;
- quella con la disciplina.
Un buon contatto relazionale con sè e con quello che noi psicologi chiamiamo il nostro “introietto” è importantissimo: è cioè importante frequentare quella parte profonda in cui io sto con me stesso e mi parlo, sento le mie emozioni, scelgo, costruisco la mia umanità prima ancora che la mia carriera.
Checchè ne dicano alcuni mental-coach quel contatto non si costruisce con motti motivazionali.
Si costruisce con un procedere a piccoli passi, imparando a conoscere se stessi, accogliendo quel compromesso con la vita di non sapere quasi mai proprio tutto tutto, sapendo che più ci conosciamo e più cambiamo e più cambiamo più abbiamo desiderio di conoscerci.
La relazione con un allenatore allora diventa molto importante: fidarsi e affidare la propria crescita, il proprio sogno, la propria carriera. E, dall’altro punto di vista, quello dell’allenatore, conoscere chi a te si affida.
Io credo che questo sia eticamente doveroso: imparare come il tuo atleta impara per co-costruire con lui la sua crescita. Questo non significa diventare il suo psicologo. Significa saper scegliere il canale migliore sul quale trasmettere quello che sai. Quella cosa che Stern chiama sintonizzazione, può -oserei dire- deve essere vera anche per un allenatore.
Sintonizzarsi significa prendere quello che il tuo atleta sa fare, lavorarlo e restituirglielo con un senso e potenzialità così amplificate che può diventare altro.
La relazione con la squadra meriterebbe da sola uno spazio di approfondimento.
La squadra è un precipitato di tutte le individualità che la compongono elevato alla N potenza di ciascun suo membro, composta da un parte esplicita e da una implicita.
Cosa vuol dire?
Che la squadra ha una sua identità formata da tutti i suoi membri, con i propri punti di forza e punti di crescita espressi alla potenza, perché il gruppo è un potente catalizzatore di vissuti ed è costituito da ciò che si vede, ma anche da una parte che non si vede in cui riposano pensieri, emozioni e vissuti che non vengono espressi verbalmente.
Se la parte più in ombra, quel Dark Side of the Moon, non viene sufficientemente curata e attenzionata può generare storture quali le invidie, le voci di corridoio, i giudizi taglienti, il capro espiatorio, il leader antipatico, l’autoboicottaggio.
Infine, abbiamo la relazione con la disciplina che secondo me è espressa nell’etica dello sportivo.
Che tu sia un atleta o un allenatore, amare la tua disciplina profondamente ti permette di godere della bellezza di un gesto atletico curato, riuscito, perfetto, sia che esso sia tuo o della tua squadra sia che venga da un avversario.
Il fair play nasce qui, qui nasce il rispetto per l’avversario che va battuto, ma mai sconfitto, va superato ma mai avvilito, avendo come alleati la tua squadra, il tuo team, il tuo campo da gioco, le sue regole e tutta la tua creatività.
P.P. Bellini, La relazione come forma di apprendimento, 2012.
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