La demenza di tipo Alzheimer, è stata descritta per la prima volta da Alois Alzheimer nel 1906, è delinea un’affezione degenerativa del cervello che determina una grave e progressiva alterazione delle sue funzioni. L’Alzheimer è caratterizzata da una particolare complessità clinica, che coinvolge aspetti comportamentali e neurologici e presenta un quadro contraddistinto dalla compromissione della memoria con un’amnesia globale capace nella sua estrema espressione di condurre il malato verso un totale isolamento.
Si delinea una condizione che comporta il progressivo squilibrio delle funzioni cognitive tale da pregiudicare lo stabile andamento della vita autonoma comportando perdita di memoria associata a difficoltà nell’esecuzione delle normali attività quotidiane con conseguente perdita dell’autonomia, impoverimento del linguaggio e disorientamento spaziale e temporale.
La demenza colpisce il funzionamento cognitivo e psico – comportamentale inficiando l’autonomia quotidiana e socio–familiare.
La malattia è caratterizzata da una compromissione della struttura e del funzionamento cerebrale in diverse parti; a livello microscopico si osserva un accumulo della proteina beta– amiloide associato a grovigli neurofibrillari e carenza neurochimica di acetilcolina, mentre a livello macroscopico si riscontrano aspetti atrofico – regressivi.
Al fianco delle più canoniche prassi terapeutico-riabilitative, negli ultimi anni, hanno creato il loro spazio di intervento le modalità espressive non verbali.
Le arti-terapie rappresentano uno strumento utile in alcune patologie specifiche tra cui le demenze, grazie alla convinzione non solo teorica, ma oggi anche scientifica, che il suono e la musica attivano modalità espressive e relazionali arcaiche, ancora presenti nella persona con malattia d’Alzheimer.
Gli studi più recenti al riguardo affermano che tra le sue capacità la musica ha la facoltà di stimolare le funzioni cognitive e di incentivare la sfera comunicativa, relazionale e affettiva favorendo il senso di identità del paziente; da ciò deriva un processo di armonizzazione della sfera emotiva del soggetto.
La terapia nel caso delle arti in generale e nello specifico della musica si distingue dalla cura e si allontana dal delineare un intervento educativo e orientato allo sviluppo di capacità musicali nel paziente, in quanto il processo prevede esclusivamente un sostegno qualificato e alternativo all’interno della prassi terapeutica abituale con la finalità di contribuire al benessere del paziente.
Tra gli interventi terapeutico-musicali il più accreditato nella terapia delle demenze è quello cognitivo-comportamentale approfondito principalmente da Clifford K. Madsen e Vance Cotter (1968), un approccio che impiega tecniche attive e recettive con la finalità di modificare specifici comportamenti e sollecitare lo sviluppo di determinate strategie.
Tale modello pratico-teorico prevede l’impiego di rinforzi positivi, di strategie che delineano l’esposizione del paziente a stimoli sonori, di tecniche di rilassamento musicale e la sollecitazione di capacità quali percezione, attenzione, memoria, orientamento spaziale ed esplorazione delle capacità manuali.
Per i due autori, il principale compito svolto dall’elemento sonoro-musicale nell’ambito clinico del trattamento delle demenze e in particolare dell’Alzheimer coinvolge stimoli validi e significativi per il paziente che contribuiscono alla stimolazione delle funzioni cognitive.
Tale intervento, in letteratura, appare come aiuto prezioso nel miglioramento delle capacità emotive, soprattutto nella riduzione del tasso di aggressività, iperattività e irrequietezza, avendo la musica, di sua natura, il potere di essere contenitore.
Due aspetti della musica intervengono in maniera preponderante in tale articolato meccanismo, il primo è l’effetto distensivo e rilassante che la musica ha sul tono dell’umore, il secondo è il suo connaturato potere mnestico che conduce ad evocare episodi e momenti di vita.
La musica si afferma come un codice universale che permette la comunicazione degli stati d’animo senza l’uso delle parole e si propone come uno strumento rapido ed efficace rispetto l’espressione e la regolazione delle emozioni, le quali sono strettamente connesse al funzionamento psicologico e fisiologico.
La musica permette il contatto con i propri bisogni e favorisce il sentirsi parte attiva di un contesto in cui le diversità sono la migliore arma di bellezza e armonia.
“Non c’è solo un valore estetico nel fare musica: dalla sua bellezza intrinseca, in grado di comunicare universalmente, scaturisce un intenso valore etico. La musica è necessaria alla vita, può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi può addirittura salvarla.”
Claudio Abbado
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