“Dottorè, c’ho l’ansia (…) L’ansia mi si rimangia!”
Nella stanza di terapia mi capita di sentire spesso queste espressioni.
“In che senso, mi scusi?”
E giù, a descrivere il nodo in gola, la debolezza, il mal di testa, la nausea, il respiro faticoso, il fuoco alla bocca dello stomaco, le vertigini, le palpitazioni, la difficoltà a deglutire, la tachicardia, la paura di morire, la difficoltà a respirare, il dolore al petto, la pipì frequente…
E quello che ne consegue: non vado coi mezzi pubblici, non vado nei luoghi affollati, non guido sui ponti, non prendo l’aereo, non mi faccio la TAC, non mi concedo di conoscere nuove persone, non approccio una donna da anni, non prendo farmaci, non…, non…, non.
Il più delle volte questi pazienti sono preparati, ne sanno davvero tante da internet o dall’amico che c’ha sofferto e che ora ha risolto con due gocce.
Ma quando al mio: “Sa, in anni di clinica mi sto quasi convincendo che l’ansia non esista”.
A quel punto il paziente generalmente fa due cose: o mi svaluta o si incuriosisce. Così chiedo di descrivere proprio quei sintomi, ma evitando il termine ansia. Capita così che il racconto si amplifichi, fino a diventare una narrazione più o meno coerente di sentimenti di disagio che si articolano in paura, rabbia, tristezza.
A volte tale disagio è così forte da impedire una gestione del fluire quotidiano non solo soddisfacente, ma anche possibile, direi.
Talvolta il ricorso a psicofarmaci è utile oltre che inevitabile. In questi casi è bene farsi aiutare da uno specialista, uno psichiatra e non dal medico di base o tanto meno col fai da te. Pertanto circa i vari vissuti sull’ansia e le diverse catalogazioni nosologiche ti rimando qui.
Resto tuttavia convinta che questo corpo prezioso ti offre segnali buoni circa il tuo stato di salute emotiva o di benessere in generale e se provi a starci un po’ scopri che, proprio quando hai cominciato ad avvertire questo tuo malessere, qualcosa di importante accadeva nella tua vita e puoi scoprire davvero molto altro.
Lasciarsi accompagnare in questo percorso è importante, perché la relazione offre uno spazio protetto in cui dare voce a ciò che si prova e a chi si è e la mia esperienza mi porta a ritenere che la terapia possa aiutare ad aprire significati.
Dare significati a questi segnali vuol dire in qualche modo sprigionare quell’energia vitale, energia psichica, ostaggio di credenze o svalutazioni. Metterci delle parole può rappresentare davvero un momento importante. Per spiegarmi meglio, è un po’ come avere un intero spartito carico di note, con crome e semicrome elegantemente appese ai fili di un pentagramma, ma non avere la chiave e il tempo per suonare quel brano.
La psicoterapia offre una chiave e ti offre anche l’orecchio per riconoscere se è proprio così che va suonata la tua vita, se è questa la musica che vuoi per te, se danzarla dolcemente o coi polmoni pieni. Altrimenti può davvero essere normale farsi paralizzare da un insieme di segni senza senso.
Alla fine potrai davvero scoprirti sorpreso nel ringraziare la tua ansia (che esista o no!) e i suoi sintomi e tutto ciò che ti ricorda che ci sei.
Buon percorso, allora.
1 Comment
You must be logged in to post a comment Login