Come più volte scritto altrove in questo blog, ciò che rende più proficuo, utile e anche lungo nel lavoro tra uno psicoterapeuta e un atleta è il senso che il tempo può assumere in quella relazione.
Uno psicologo che sostiene un cammino di terapia con uno sportivo può muoversi su tre dimensioni temporali:
- il suo passato, per conoscere e comprendere le cause di alcune impasse;
- verso il futuro per progettare nuovi modi di pensare se stesso;
- nel presente per promuovere nuove decisioni e ri-decisioni e nuove scelte.
Un lavoro così strutturato è un lavoro profondo, attraverso la creazione di argini esistenziali che possano contenere le portate emotive di traguardi interiori o nelle gare.
Precocemente e attraverso la relazione con le figure di attaccamento (madre e padre, in genere) in noi si strutturano dei modi di pensare, sentire, agire che chiedono nel corso dell’esistenza di essere ristrutturati o addirittura sostituiti.
Come accade per le ristrutturazioni delle nostra abitazioni, questo può richiedere un lavoro che sia estetico o di ammodernamento (e questo un mental-coach può farlo) oppure interventi più radicali e questo può farlo uno psicologo e talvolta solo uno psicoterapeuta.
Il rischio è che “spostando semplicemente un muro“, se i calcoli strutturali non vengono effettuati , possa inclinarsi l’intero impianto.
Muoversi attraverso il dialogo con un esperto verso le tre dimensioni del tempo può essere liberante, aprire nuove prospettive, restituire autenticità, promuovere protezione.
Affidarsi a mani sicure, esperte e autorizzate è il primo modo di garantirsi una autentica possibilità, per questo ritengo importante e fondamentale promuovere una cultura psicologica per tutti e comunicare in modo semplice e tuttavia scientificamente fondato quello che le scienze psicologiche ci offrono come clinici e come cittadini.
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