E’ giunto il momento di rallentare, di fermarsi, di smettere frenesie, di ricapitolare su ciò che conta.
Oggi ciò che conta è che i contagi vengano contenuti, in virtù di quella immunità di gregge di cui i più fragili hanno bisogno.
Mi sono già espressa la scorsa settimana circa le corse all’uscita dalle zone rosse.
Speravo che quell’articolo diventasse anacronistico nel giro di pochi giorni.
Dobbiamo fermarci e chi lo scrive è una libera professionista, una di quelle categorie meno tutelate, ma non fa nulla. Io l’ho scelto e mi va bene.
Non ha importanza. Davvero.
Bisogna ridurre i nostri contatti e spostamenti il più possibile e ripensarci come soggetti in relazione tra noi.
Pensare che una mia scelta individuale oggi è in relazione con quella di un’altra persona a me prossima.
Possiamo fermarci e aggiungere tra i cassetti delle nostre categorie mentali quella dell’utile, dell’inutile e del necessario.
Domandarci cosa è utile, cosa non lo è e sapere quello che è necessario nell’ottica personale e di comunità ci permette di adottare quella prudenza di cui tutti abbiamo bisogno.
Bando ai negazionismi: l’attualità li smentisce.
Bando al panico: si creano più danni.
Bando all’individualismo.
La protezione è più importante della libertà in questo momento.
Siamo co-responsabili e questo nella stanza di terapia genera una situazione che mi fa sentire proprio a mio agio: quella di essere coautori di una stessa storia, in cui stiamo in intimità e questo significa co-dipendere, co-operare, co-proteggersi.
E’ la relazione incentrata sulla persona.
E’ il principio dell’Io sono ok e Tu sei ok, alla cui base è importante che ci sia una epistemologia forte e un senso di appartenenza maturo.
Ecco, se c’è una cosa che imparo e che vorrei indicare ai miei pazienti oggi è che siamo vicini, molto più vicini oggi, anche se non ci possiamo toccare, anche se le lacrime vanno subito racchiuse in un fazzoletto pulito, anche se per un abbraccio ci vuole ancora un po’.
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