Educazione
I bambini: esseri spirituali
Forse non a caso ancora nel Sud Italia, talvolta ci si riferisce ai bambini chiamandoli “Le creature“.
In essi l’impronta di un Creatore è ancora viva, tangibile, bella, vera. Forse non a caso nelle confessioni cristiane, quel Creatore si fa Bambino e ce ne ricordiamo ad ogni anno: perché nei piccoli quel segno di umano e divino sono sintetizzati con magistrale sapienza.
Il titolo di questo articolo è impegnativo ed esso non ha la pretesa di una “spiegazione circa la metafisica”.
Le immagini che utilizzo sono quelle proprie della cultura in cui sono nata, quelle della Bibbia.
L’assunto epistemologico da cui parto, pertanto, sento che vada specificato. Sono convinta che l’uomo sia materia, una splendida materia di cui felicemente ci occupiamo quando ci prendiamo cura della nostra salute, del nostro benessere psico-fisico, sono altresì convinta che in ognuno di noi ci sia una scintilla spiritualità che, se ben nutrita, diventa fiamma che illumina e organizza la nostra esistenza.
L’infinito e la presenza, l’eterno e la materia, la purezza e la perfettibilità, il trascendente e l’immanente per me non sono polarità sulle quali si oscilla, bensì sono parti della nostra storia che quotidianamente dialogano con noi, in noi e intorno a noi.
Il mondo dell’infanzia dalla fine del XIX secolo ad oggi è stato oggetto di attenzione da parte delle scienze. Penso agli straordinari sviluppi della pediatria, penso alla psicologia dello sviluppo e alla pedagogia.
Attenzionare il mondo dell’infanzia significa curarci della parte più primitiva e ancestrale di noi.
Ma perché coltivare la spiritualità nei bambini?
Quando pensiamo ad un bambino, a nostro figlio o a noi stessi piccoli dovremmo immaginare lo straordinario sforzo che l’infante e l’adulto compiono nell’offrire e ricevere stimoli, struttura e riconoscimenti (Berne).
Quando l’adulto si sintonizza sui bisogni del piccolo gli riconsegna il senso di quello stimolo, sia esso fisico o psicologico (Stern). Un senso che viene arricchito dall’esperienza dell’adulto. L’adulto offre struttura, perché dà significato, offre un codice di comprensibilità, offre la chiave musicale perché quelle note appese sul pentagramma dell’esistenza possano essere suonate, anziché restare una serie incomprensibile di segni tra 5 righe.
I genitori lo fanno per i bisogni fisiologici, quando rassicurano il cucciolo per un mal di pancia, e per i bisogni di espressione, quando lo portano a fare sport o a sentire un concerto. E il bambino costruisce una serie fitta di connessioni neurali dalle quali dipende la propria esperienza e l’esperienza stessa rinforza quelle connessioni, in un incantevole circolo virtuoso.
Ecco che, insegnandogli che muoversi è bello e scarica, non solo offriamo uno sfogo adattivo alla loro energia vitale, ma gli mostriamo che i bisogni possono essere soddisfatti e quel bambino, da grande, saprà che una buona corsetta o una partitella distendono la mente e il corpo.
Resta fuori da questa sfera, la parte metafisica.
Perché parlare di spiritualità ai bambini, allora?
Quando comunichiamo sulla spiritualità, diciamo al bambino che il suo valore è molto più grande di quello che la materia possa esprimere. “Quando Dio ha creato l’uomo lo ha fatto bello, bello come Lui“, quanto può essere potente questa frase nel restituire un senso altissimo di valore del Sé per un bambino (ma anche per un adulto)?
“Il tuo corpo è meraviglioso perché permette di abbracciarci, accarezzarci, correre, ma di più perché contiene la tua anima“, quanto benessere può promuovere una frase così in un ragazzino!
Parlando di spiritualità offriamo un alfabeto nuovo col quale costruire un senso profondo di importanza di sé e con esso costruiamo significati, significanti e una sintassi che rappresenta il modo stesso in cui il bambino pensa se stesso, gli altri e il mondo.
La spiritualità -se pensiamo alle religioni più antiche e importanti- è ricca di immagini, metafore, racconti, parabole che ci raccontano di un’umanità bella e in relazione con gli uomini e con l’assoluto.
La fede è un potente organizzatore della mente di una persona, perché ciascuno ha fame di senso.
Quando quel piccolo diventerà adolescente e lo assaliranno dubbi esistenziali, la fede potrà arricchire quelle domande e forse dare risposte.
Le risposte però vengono dopo e sono meno importanti.
Educare un bambino a percepire se stesso come abitato dall’Eterno, significa educarlo a percepire anche l’altro come tale.
Permettere ad un adolescente di porsi domande di senso sulla vita, sulla morte, sulla malattia, sul bene, sul male, significa stimolare la propria riflessione etica, morale. Significa offrire lo spazio perché egli diventi un adulto consapevole.
Questi aspetti sono così veri che gli studi di Kohlberg ci restituiscono un dato: i bambini hanno ben in mente quali siano i principi morali e quali possano essere convenzioni culturali di un comportamento. Pertanto se reputeranno sbagliato prendere a calci un altro bambino, potranno reputare che mangiare con le mani può essere sbagliato, ma solo tra la cerchia sociale che lo circonda, perché forse, in altre culture si può fare.
Le caratteristiche del pensiero spirituale nel bambino sono
- l’antropomorfismo: si rappresentano Dio come una persona;
- l’animismo, ovvero la tendenza a interpetare come ogni cosa sia animata;
- il magismo: spiegano ciò che non comprendono con artefici magici grazie alla fantasia;
- l’artificialismo, per il quale il bambino tende a credere che ogni cosa esista perché qualcuno l’ha fabbricata.
Queste caratteristiche infantili ci fanno sorridere e scaldano il cuore, ma allo stesso tempo ci comunicano che la spiritualità è un bisogno e non di certo secondario.
Un bisogno sul quale noi adulti abbiamo il dovere di sintonizzarci per restituire agli uomini di domani l’impronta di sacralità che che hanno sul cuore e che possono imprimere alla Terra.
E… questo periodo ci aiuta a farlo per loro e per noi.
Ciao, mi chiamo Francesca di Sipio e sono l'ideatrice di questo portale web. Sono una psicologa clinica, psicoterapeuta, analista-transazionale ad approccio integrato, psicologa dello sport. Il mio studio è sul territorio di Chieti-Pescara. Mi trovi sui social, sulla mail ma soprattutto al 3477504713
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