Sono tante le domande cui nel corso dell’anno sportivo 2010-2011 gli allenatori ed io abbiamo cercato di dare una risposta. Come motivare i ragazzi all’attività sportiva? Come stare loro vicino? É necessario coinvolgere in questo i genitori? Quali caratteristiche io ho da mettere in campo, perché loro approccino serenamente al gioco del calcio? Come solleticare la loro autostima? E tanti sono stati gli interrogativi sui singoli ragazzi, nella loro complessità, nel loro desiderio di essere calciatori.
Lavorando con gli allenatori nelle riunioni di equipe e osservandoli durante gli allenamenti ho apprezzato non solo la loro passione e la loro abnegazione, ma anche la loro profonda preparazione, professionalità e desiderio di mettersi in discussione. Questi educatori con fischietto e pallone sono persone di un’umanità profonda e di un’eccellente capacità di relazionarsi con il faticoso eppur cristallino mondo dell’infanzia e della preadolescenza.
Il supporto che la psicologia può dare a questi uomini (e una donna!) di buona volontà è importante: la psicologia dello sport offre agli allenatori metodi, strumenti, informazioni su come gestire il gruppo, su quale atteggiamento avere in base alle differenti fasce di età dei ragazzi, su quale stile di leadership può essere più funzionale, su come intervenire sui ragazzi che hanno difficoltà, su quali informazioni si costruisce l’autostima. E ancora su come supportare i ragazzi più fragili, come parlare a questi, come dare le regole, come costruire un’autentica relazione allenatore-atleta, come gestire le sconfitte, lo spogliatoio, le difficoltà.
Su questi argomenti quindi si è attardata la mia riflessione con i mister nelle riunioni, ma anche vis a vis, sul campo, nelle osservazioni, fuori dagli spogliatoi.
Quest’anno, inoltre, nel mio lavoro, ho coinvolto i genitori dei ragazzi in una serie di incontri in cui abbiamo condiviso obiettivi, valori, finalità della Società. É stato un piacevole luogo in cui incontrare i bisogni dei genitori, le loro perplessità e ho visto, da parte di molti, un’autentica e sincera gratitudine nei riguardi dei tecnici.
Nella somministrazione di un questionario a tutti i ragazzi della scuola calcio, esclusa la categoria dei Piccoli Amici, ho constatato come la ragione prima per la quale i nostri figli, i figli della nostra comunità, scelgono di praticare questo sport è il desiderio di migliorare, di imparare e poi quello di stare con gli amici.
Questi giovani atleti non sognano in primis di diventare i Totti del prossimo decennio, ma sognano di divertirsi, dando il massimo di sé e facendolo in collaborazione. Questo lascia ben sperare per il futuro. Essi, infatti, non si percepiscono né vengono trattati come persone arrivate, probabili star, ma come uomini in cammino sulla via della realizzazione, col desiderio di impegnarsi fino in fondo e fino in cima, di tagliare bei traguardi insieme, consapevoli di tutte le proprie qualità per farlo. E non è questa una vera mentalità vincente? Metterci quanto di migliore possano metterci: tutto loro stessi!
Avanti, allora, a questa nuova moltitudine di campioni… nella vita e nelle relazioni.
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